Il pessimismo radicale
Il “male di vivere”, vale a dire il disagio esistenziale che nasce dalla consapevolezza che nulla ha senso e che l’unica certezza nella vita è il dolore, è il tema che sorregge tutta la poesia di Montale, ma che tuttavia trova espressione più compiuta in Ossi di seppia.
A partire da Le Occasioni
(1939) fino a
Satura (1971), la
riflessione del poeta si focalizza sul tema del “varco”,
sulla-ricerca/speranza di una via di fuga dall’angoscia
esistenziale in direzione di qualcosa che conferisca un senso alla vita.
La casa dei doganieri
Tu non ricordi la casa
dei doganieri
sul rialzo a strapiombo
sulla scogliera:
desolata t'attende
dalla sera
in cui v'entrò lo
sciame dei tuoi pensieri
e vi sostò irrequieto.
Libeccio sferza da anni
le vecchie mura
e il suono del tuo riso
non è più lieto:
la bussola va impazzita
all'avventura.
e il calcolo dei dadi
più non torna
Tu non ricordi; altro
tempo frastorna
la tua memoria; un filo
s'addipana.
Ne tengo ancora un
capo; ma s'allontana
la casa e in cima al
tetto la banderuola
affumicata gira senza
pietà.
Ne tengo un capo; ma tu
resti sola
né qui respiri
nell'oscurità.
Oh l'orizzonte in fuga,
dove s'accende
rara la luce della
petroliera!
Il varco è qui?
(Ripullula il frangente
ancora sulla balza che
scoscende ...)
Tu non ricordi la casa
di questa
mia sera. Ed io non so
chi va e chi resta.
Da Le Occasioni
La poesia è il ricordo di un amore del passato: Montale ripensa a quella giovane donna che, in una lontana estate, era solito incontrare nella casa sulla scogliera.
Di lei il poeta ricorda ancora il suono della risata, l’irrequietezza giovanile e si chiede se il varco sia qui, nella memoria, nella possibilità che all’uomo è data di ricordare, di conservare e coltivare il passato: forse la memoria, ricucendo i pezzi della vita, è in grado di conferirle ordine; forse la memoria può costituire una certezza cui aggrapparsi per sollevarsi al di sopra della precarietà e del non-senso.
In realtà, molto tempo è passato da quell’estate, la donna amata non è più lì e certamente non ha ricordi di quell’antico amore, la casa è sferzata dal vento gelido e anche per il poeta il filo di quel ricordo va aggrovigliandosi, anche in lui la memoria si affievolisce. Quel varco che per un attimo Montale ha scorso, in realtà non esiste, nemmeno la memoria può costituire una certezza, perché è labile e inaffidabile come tutto lo è nella vita.
Il senso di spaesamento che ne deriva è reso dall’uso di correlativi oggettivi eloquenti: la bussola impazzita, a significare la perdita di punti di riferimento; il calcolo dei dadi che non torna, ad indicare come nella vita le aspettative siano disattese; la banderuola affumicata che sul tetto della casa gira senza pietà, a significare lo scorrere inesorabile del tempo che tutto distrugge, compresi i ricordi.
Anche quando il varco sembra essere a portata di mano perché è rappresentato dall’amore per qualcuno, nel caso di Montale per donne non a caso definite salvifiche, non costituisce mai certezza assoluta perché, come qualunque cosa, anche l’amore è precario e instabile.
Tra le donne amate da Montale, la moglie Drusilla occupò un posto speciale: donna semplice e gravemente miope, ma di una sensibilità che le consentiva di vedere oltre le apparenze e di orientarsi nella vita come un pipistrello nella notte.
Non ho mai capito s’io fossi
Non ho
mai capito se io fossi
il tuo
cane fedele e incimurrito
o tu
lo fossi per me.
Per
gli altri no, eri un insetto miope
smarrito
nel blabla
dell'alta
società. Erano ingenui
quei
furbi e non sapevano
di
essere loro il tuo zimbello:
di
esser visti anche al buio e smascherati
da un
tuo senso infallibile, dal tuo
radar
di pipistrello
Da Satura

Montale con la moglie Drusilla Tanzi

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
Ho
sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora
che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche
così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio
dura tuttora, né più mi occorrono
le
coincidenze, le prenotazioni,
le
trappole, gli scorni di chi crede
che la
realtà sia quella che si vede.
Ho
sceso milioni di scale dandoti il braccio
non
già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te
le ho scese perché sapevo che di noi due
le
sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano
le tue.
Da Xenia
Alla
morte di Mosca, la vita di Montale perde il suo baricentro: quelle scale
-metafora dell'esistenza- che il poeta ha disceso milioni di volte, sorreggendo
lei che in realtà nella vita guidava lui, ora sono vuote di significato.
Montale perde il suo varco, non ha più nessuna certezza, nessun appiglio che lo
sollevi dal male di vivere.
Dunque, nel pessimismo di
Montale-che ricorda molto da vicino quello di Leopardi- non c’è spazio per la
speranza o l’illusione, nessuna possibilità di riscatto, nessun appiglio cui
aggrapparsi: la ricerca di un varco è destinata allo scacco, la vita è
caotica precarietà e insensato dolore.
La Storia
intera è impietoso caos.....
La Storia
La
storia non si snoda
come
una catena
di
anelli ininterrotta.
In
ogni caso
molti
anelli non tengono.
La
storia non contiene
il
prima e il dopo,
nulla
che in lei borbotti
a
lento fuoco.
La
storia non è prodotta
da chi
la pensa e neppure
da chi
l’ignora. La storia
non si
fa strada, si ostina,
detesta
il poco a poco, non procede
né
recede, si sposta di binario
e la
sua direzione
non è
nell’orario.
La
storia non giustifica
e non
deplora,
la
storia non è intrinseca
perché
è fuori.
La
storia non somministra
carezze
o colpi di frusta.
La
storia non è magistra
di
niente che ci riguardi.
Accorgersene
non serve
a
farla più vera e più giusta
Da Satura
Non esiste alcuna possibilità di trovare un senso nella Storia, gli avvenimenti si succedono privi di concatenazione logica, non c’è né un prima né un dopo, non una causa e non un effetto. La Storia è imprevedibile, non realizza un piano (non è prodotta da chi la pensa e neppure da chi la ignora), può cambiare direzione improvvisamente come un treno che corre impazzito, o subire brusche battute d’arresto; come in una catena un anello può cedere all’improvviso, così nella storia può accadere l’inimmaginabile. Nessun varco che consenta di cogliere il senso della Storia, nessuna possibilità di salvezza dal caos.
La filosofia della storia che qui è espressa è la negazione della concezione provvidenzialistica che regge l’opera di Manzoni, per il quale la Storia procede secondo uno sviluppo coerente che va nella direzione stabilita dalla Provvidenza; tutte le opere manzoniane si fondano su quest’idea. Montale, al contrario, non ravvisa alcuna coerenza nella Storia, nessun progresso lineare, nessuna logica che possa lasciar immaginare cosa accadrà e perché accadrà.
La
Storia è ingiusta e insensata e nulla ha da insegnare (La storia non è
magistra di niente che ci riguardi), se non la consapevolezza
della sua assurdità.
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