Letteratura

Il tema del doppio nella letteratura

Il mito di Narciso

Anfitrione....il 
primo doppio” nella letteratura


Se certa letteratura del 900 ha attinto alla psicanalisi per raccontare la complessità della psiche e dare vita a personaggi come Zeno Cosini de La coscienza di Zeno o Moscarda in Uno, nessuno e centomila, è anche vero che il tema dell’identità ha affascinato la letteratura di tutti i tempi.


In tempi non sospetti, Plauto, tra il III e il II sec a. c. scriveva l’Anfitrione, una commedia esilarante in cui per la prima volta nella storia della letteratura veniva affrontato il tema dell’identità e del doppio.


Nella vicenda, che è tratta dal mito, agiscono insieme uomini e divinità. Il personaggio principale, Anfitrione, parte per la guerra lasciando sola la moglie Alcmena. Giove, che è innamorato di lei, assume le sembianze di Anfitrione per poter trascorrere con lei una notte d’amore e incarica Mercurio, che a sua volta ha assunto le sembianze di Sosia -il servo di Anfitrione-, di sorvegliare la casa dall’esterno.
Intanto, conclusasi la guerra, Anfitrione (quello vero) s’appresta a far ritorno a casa e incarica Sosia (quello vero) di recare la bella notizia ad Alcmena. Al suo arrivo, Sosia s’imbatte nell’altro Sosia -Mercurio sotto mentite spoglie- e al vedere quell’altro se stesso, è così confuso che arriva a dubitare di sé, non sa più chi è, non capisce chi dei due è il vero Sosia.

 

MERCURIO
Tu oggi non mi impedirai mai di essere Sosia.
SOSIA
E tu non mi impedirai di essere io. Sì, qui di Sosia ce n'è uno solo, e sono io. Io, che me ne sono andato alla guerra con Anfitrione.
MERCURIO
Quest'uomo è malato nella testa.
SOSIA
Malato sarai tu. Accidenti, non sono io Sosia, il servo di Anfitrione? Non
è arrivata qui, stanotte, dal porto Persico, la nostra nave, che mi ha
trasportato? Non mi ha mandato qui il mio padrone? E adesso non sono qui
davanti alla nostra casa? Non ho in mano una lanterna? Non parlo? Non sono
sveglio? Quest'uomo non mi ha pestato poco fa? Mi ha picchiato, accidenti,
e le mascelle mi fanno ancora male, povero me. E allora perché dovrei
avere dei dubbi? E perché non entro in casa nostra?
MERCURIO
Come? Casa vostra?
SOSIA
Proprio così.
MERCURIO
Frottole. Tu hai raccontato un sacco di frottole. Sono io il Sosia di Anfitrione. Io. La nostra nave è salpata stanotte dal porto Persico, abbiamo espugnato la città sulla quale Ptérela regnava, abbiamo catturato, con la forza delle armi, le legioni dei Teleboi, Anfitrione in persona ha mozzato la testa di Ptérela nel vivo della battaglia.
…………….
SOSIA
Non credo alle mie orecchie, quando gli sento dire queste cose. Non c'è  dubbio, ricorda tutto, e racconta bene. Ma tu dimmi una cosa: ad Anfitrione, cosa gli hanno regalato i Teleboi?
MERCURIO
La coppa d'oro da cui era solito bere il re Ptérela.
SOSIA
L'ha detto. E dov'è adesso la coppa?
MERCURIO
In un cofanetto, che reca il sigillo di Anfitrione.
SOSIA
E il sigillo com'è?
MERCURIO
Sole levante con quadriga. Ma tu vuoi prendermi in castagna, razza di boia?  SOSIA
 Mi frega, con le sue risposte…..
 …..
 MERCURIO
 E adesso? L'ho dimostrato o no che non sei Sosia?
 SOSIA
 Tu dici che io non sono io?
 MERCURIO
 E come potrei non dirlo, se Sosia sono io?
 SOSIA
 Giuro su Giove che io sono io e non dico il falso.
 MERCURIO
 E io giuro su Mercurio che Giove non ti crede. Si fida più di me che dei
 tuoi giuramenti, anche se io non giuro.
 SOSIA
 E io, allora, chi sono, se non sono Sosia? Te lo domando.
 MERCURIO
 Quando non vorrò più essere Sosia, siilo pure tu. Ma mentre lo sono io, tu
 le buschi se non ti togli di mezzo, ignoto figlio di ignoti.
 ……………….
 SOSIA
 Meglio tagliare la corda. Dèi immortali, vi prego: dov'è che sono morto?
 Dov'è che mi sono trasformato? Dov'è che l'ho perduta la mia persona? ….

 Plauto, Anfitrione, Atto I

La comicità del dialogo è irresistibile, ma l’argomento è serio e pone diverse questioni: il riconoscimento di sé nella propria specificità passa attraverso il riconoscimento della diversità dell’altro; se non si è in grado o non si ha volontà di percepire l’altro (con la sua storia, le sue esigenze, il suo vissuto) come altro da sé e in lui si vede -o si vuole vedere- il proprio doppione, si finisce per ripiegarsi narcisisticamente su se stessi, tagliando qualunque possibilità di dialogo-confronto con l'esterno; il che non è cosa di poco conto, considerando che solo misurandosi con l'altro è possibile crescere e  acquisire esperienza del mondo.


Lo strano caso del dottor Jekyll e il signor Hyde, R. L. Stevenson


Il vero capolavoro sul doppio è il romanzo 800esco Lo strano caso del dottor Jekyll e il signor Hyde, opera di R. L. Stevenson. 


Il protagonista, lo scienziato Henry Jekyll, riesce a produrre una pozione che, se assunta, è in grado di scindere l’identità, separandone le due parti costitutive, la buona e cattiva, il bene dal male.

Quando Jekyll sperimenta su di sé la pozione, il male prende possesso di lui, la parte malvagia prevale sull’altra e il rispettabile-onesto Jekyll diventa il violento Hyde, un individuo privo di scrupoli capace dei più efferati delitti. 


Il tema è qui il doppio che ciascuno ha in sé: l’individuo è in realtà un dividuo, poiché è scisso, diviso a metà tra una cosa e il suo opposto, tra bene e male, egoismo e altruismo; il punto è riuscire a trovare l’equilibrio giusto per non soccombere sotto il peso dell’una o dell’altra parte.
 



Il visconte dimezzato, Italo Calvino

 
Italo Calvino

Italo Calvino affronterà la tematica del doppio ne Il visconte dimezzato (1951).


Il romanzo è la storia del visconte Medardo di Terralba. che, combattendo in guerra contro i Turchi, è diviso esattamente a metà da una palla di cannone: la parte buona sembra perduta chissà dove, rimane solo la metà cattiva, con grande disappunto degli abitanti di tutta la città di Terralba, che devono subire la sua crudeltà.  

Quando anche la parte buona ricompare, la situazione a Terralba peggiora ulteriormente, perché il Medardo buono è noioso e stucchevole, insopportabile come l’altro ma per motivi opposti. Le due metà non si sopportano e arrivano a scontarsi in duello: il Buono e il Cattivo (il Gramo) rimangono entrambi feriti, ma un intervento chirurgico li salverà, le due parti verranno ricucite, Medardo recupererà la sua interezza e Terralba ritroverà la serenità. 


Dunque, se per Stevenson il problema nasce dal conflitto tra bene e male che convivono nello stesso individuo, la conclusione alla quale perviene Calvino è che al contrario l’uomo nella sua interezza è un miscuglio di bene e male, un'armonica combinazione tra opposti ed è giusto che sia così…
 

E così Medardo ritornò un uomo intero, né cattivo, né buono, un miscuglio di cattiveria e di bontà, com'era prima d'esser dimezzato. Ebbe vita felice, molti figli e un giusto governo….Forse ci s'aspettava che, tornato intero il Visconte, s'aprisse un'epoca di felicità meravigliosa; ma è chiaro che non basta un visconte completo perché diventi completo tutto il mondo
 

La metamorfosi, F. Kafka


Nel 1915 (quindi molti anni prima de Il visconte dimezzato) venne pubblicato il racconto lungo La metamorfosi, di Franz Kafka. 


La prospettiva da cui è affrontato il tema del doppio come altro da sé è tutta diversa e i toni non hanno nulla della gioiosa serenità di Calvino. 


La metamorfosi è la storia di Gregor Samsa, un impiegato ligio e puntuale, che una mattina, al risveglio, si ritrova trasformato in insetto, una sorta di scarafaggio gigantesco. 

Nel tentativo di alzarsi dal letto, cade malamente sul fianco e si ferisce: quel corpo nuovo si muove in maniera diversa dal solito, Gregor non riesce a controllarlo. 

Quando finalmente riesce ad aprire la porta della sua camera afferrando con la bocca la maniglia e facendola ruotare, i genitori e la sorella inorridiscono alla vista di quell’essere mostruoso. Da questo istante Gregor vivrà recluso in camera, lontano dai familiari che non nascondono il loro disgusto, accudito solo dalla sorella che gli porta da mangiare gli avanzi.  

Un giorno Gregor esce dalla propria camera, disattendendo il divieto di farlo e il padre, infuriato, lo colpisce con una mela, procurandogli una ferita che s’infetterà causando qualche tempo dopo la morte di Gregor.

Nella sua metamorfosi in insetto, in un Gregor che è altro da  , egli continua a pensare come prima, ha gli stessi sentimenti e le stesse emozioni di sempre, è ancora umano ma non lo è più nell’aspetto, nel suo rapporto con gli altri e con il mondo, e per questa sua diversità in mondo non lo accoglie.  

Il riferimento autobiografico è indubbio: a leggere Lettera al padre, si comprende tutta la conflittualità del rapporto tra F. Kafka e il padre, uomo austero e severo, impietoso nel giudicare il figlio una sorta di invertebrato dalla personalità troppo debole e arrendevole; d’altro canto, nella stessa lunga lettera Kafka esprime più volte il proprio rammarico per non riuscire ad essere come il padre lo vorrebbe, ma difende con fermezza le proprie scelte, rivendica il diritto alla propria fragilità. L’insetto-Gregor, il suo doppio, è simbolicamente l’alienazione di chi avverte su di sé il peso di dover corrispondere alle aspettative e al contempo vive il senso di colpa per non essere fino in fondo in grado di rinunciare ad essere se stesso. 
 
Voler essere se stessi e al contempo desiderare di riuscire ad essere diversi: un lacerante conflitto interiore che genera mostri.
 
 

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