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I fiumi, Ungaretti: sulla memoria. Confronto con Montale



La memoria secondo Montale....


….Tu non ricordi; altro tempo frastorna
la tua memoria; un filo s’addipana.
Ne tengo ancora un capo; ma s’allontana
la casa e in cima al tetto la banderuola
affumicata gira senza pietà…


Eugenio Montale
Sono pochi versi de La casa dei doganieri (sul testo integrale ti rinvio ad altro post) ma da soli bastano a rendere l’idea del pessimismo senza via d’uscita di Montale; nella vita, che è precarietà e insensato dolore, non esiste alcuna certezza salvifica, nessun punto di riferimento nemmeno la memoria è in grado di offrire un appiglio che permetta di sollevarsi al di sopra del non senso. Nello scorrere inesorabile del tempo, i ricordi arrugginiscono come la banderuola in cima alla casa e il sottile filo che conduce al passato facilmente s’addipana (si aggroviglia) per poi spezzarsi.  Si finisce così con il dimenticare anche ciò che non si vorrebbe, persino il volto di persone che un tempo ci sono state care e abbiamo amato. 


È il senso del componimento che segue:


Non recidere, forbice, quel volto,
solo nella memoria che si sfolla,
non far del grande suo viso in ascolto
la mia nebbia di sempre.
Un freddo cala… Duro il colpo svetta.
E l’acacia ferita da sé scrolla
il guscio di cicale
nella prima belletta di Novembre.


Da Le occasioni


L’io lirico del poeta esprime il timore che la forbice del tempo (si noti il correlativo oggettivo) possa tagliare l’immagine di quell’unico volto che la sua memoria ancora custodisce, preservandola momentaneamente dalla nebbia dell'oblio. 

Tuttavia, il ricordo di quel volto sbiadirà, il tempo s’abbatterà come una mannaia sulla memoria come l’ascia del giardiniere che, tagliando la cima di un’acacia, lascia cadere  l'ultima traccia dell’estate, i gusci vuoti delle cicale.


Giuseppe Ungaretti

....secondo Ungaretti


Se in Montale prevale il pessimismo della ragione, un nichilismo che ricorda quello di Leopardi, sul versante opposto -e non solo sul tema della memoria- quello di Ungaretti può essere definito l’ottimismo dell’anima, quella poetica dell’Allegria che salva da qualunque naufragio e che sostiene il poeta persino nella tragedia della guerra.


Sul tema della memoria Ungaretti sostiene una posizione tutta diversa da Montale; si veda la lunghissima poesia I fiumi, scritta il 16 agosto 1916:


I fiumi


Mi tengo a quest’albero mutilato
Abbandonato in questa dolina
Che ha il languore
Di un circo
Prima o dopo lo spettacolo
E guardo
Il passaggio quieto
Delle nuvole sulla luna
 
Stamani mi sono disteso
In un’urna d’acqua
E come una reliquia
Ho riposato
 
L’Isonzo scorrendo
Mi levigava
Come un suo sasso
Ho tirato su
Le mie quattro ossa
E me ne sono andato
Come un acrobata
Sull’acqua
 
Mi sono accoccolato
Vicino ai miei panni
Sudici di guerra
E come un beduino
Mi sono chinato a ricevere
Il sole
 
Questo è l’Isonzo
E qui meglio
Mi sono riconosciuto
Una docile fibra
Dell’universo
 
Il mio supplizio
È quando
Non mi credo
In armonia
 
Ma quelle occulte
Mani
Che m’intridono
Mi regalano
La rara
Felicità
 
Ho ripassato
Le epoche
Della mia vita
 
Questi sono
I miei fiumi
 
Questo è il Serchio
Al quale hanno attinto
Duemil’anni forse
Di gente mia campagnola
E mio padre e mia madre.
 
Questo è il Nilo
Che mi ha visto
Nascere e crescere
E ardere d’inconsapevolezza
Nelle distese pianure
 
Questa è la Senna
E in quel suo torbido
Mi sono rimescolato
E mi sono conosciuto
 
Questi sono i miei fiumi
Contati nell’Isonzo
 
Questa è la mia nostalgia
Che in ognuno
Mi traspare
Ora ch’è notte
Che la mia vita mi pare
Una corolla
Di tenebre



Il testo si apre con un’immagine di precarietà: il poeta è accanto ad un albero martoriato dalle granate e, proprio come l’albero, si sente abbandonato nella dolina che è vuota e silenziosa come un circo prima dello spettacolo. Guardando il cielo, Ungaretti ricorda che al mattino si era immerso in uno specchio (un’urna) d’acqua del fiume Isonzo e come una reliquia aveva riposato, lasciando che l’acqua levigasse il suo corpo.



Vittorio Gassman legge I fiumi

Camminando sui ciottoli come un acrobata, era andato poi ad accovacciarsi accanto al fagotto dei propri abiti sudici di guerra e aveva ripensato ai tanti altri fiumi della sua vita: al Nilo, il fiume dell’infanzia in Egitto; al Serchio, il fiume che attraversa Lucca, città d’origine della famiglia; alla Senna, il fiume legato al periodo trascorso in Francia.  L’ Isonzo è  l’ultimo fiume di Ungaretti,  non meno importante degli altri perché per il poeta rappresenta l’età della maturazione attraverso il dolore  della guerra. 


In una sorta di itinerario attraverso la memoria dei suoi fiumi, altrettanti pezzi della sua esperienza di uomo, Ungaretti recupera così le proprie radici, risale alla propria origine per riappropriarsi  dell’identità che altrimenti la guerra ridurrebbe in brandelli come le case in San Martino del Carso: toscano d'origine, cresciuto respirando le atmosfere incantate dell’Africa, formatosi culturalmente in Francia, infine soldato in una guerra che incide sulla sua maturazione di uomo e di poeta, svelandogli la sua fragilità (“E qui meglio /Mi sono riconosciuto // Una docile fibra/ Dell’universo”), ma anche regalandogli la capacità di far poesia:


Le mie prime poesie sono poesie di guerra. Sono nato poeta in trincea


Ungaretti, Note a L’allegria


Non dunque la memoria consolatrice alle pene del presente (corolla di tenebre), non il rifugio in cui nascondersi tagliando fuori la realtà, che anzi Ungaretti vive senza mai rinunciare alla speranza: secondo Ungaretti il recupero del passato è necessario per far chiarezza su se stessi e sul proprio ruolo nel mondo.


Il mio supplizio È quando Non mi credo In armonia
Ungaretti, I fiumi


Ungaretti, l’ottimismo dell’anima


Si diceva poco fa che in Montale domina il pessimismo della ragione, Ungaretti invece non rinuncia alla speranza, nemmeno la guerra riesce a distruggerla, paradossalmente anzi la guerra è l’occasione che illumina Ungaretti sul senso della vita e sui valori da coltivare per salvarsi dalla barbarie: l’idea che dalle ceneri della distruzione si possa e si debba ricostruire; che lo slancio vitale possa affermarsi sulla devastazione; la consapevolezza che si è tutti fratelli perché parte della stessa umanità.


Nella mia poesia non c’è traccia di odio per il nemico né per nessuno, c’è presa di coscienza della condizione umana, della fraternità degli uomini nella sofferenza….”
Ungaretti, Note a L’allegria



Per dirlo con le parole di A. Zanzotto: per Ungaretti “l’allegria era la promessa di un’avventura senza fine (leggi la vita) che però non poteva non scatenarsi proprio sul terreno dove s’accampava la negazione.(1)


La vita è il valore assoluto. Tutt’un altro pensare rispetto a Montale… e non solo sul tema della memoria.


(1) cfr A. Zanzotto, Dizionario critico della letteratura italiana