Cenni biografici
S. Quasimodo, premio Nobel per la letteratura nel 1959, nacque a Modica (Sicilia) nel 1901. Dopo aver conseguito il diploma di geometra, s’iscrisse alla facoltà di Ingegneria, ma non conseguì mai la laurea. Trasferitosi a Firenze nel 1930, entrò in contatto con gli ambienti della rivista Solaria, per la quale pubblicò alcune delle sue prime opere. A Milano, dove si trasferì nel 1934, fu nominato per chiara fama professore di letteratura presso il Conservatorio. Morì a Napoli nel 1968.

Salvatore Quasimodo
Le opere, la poetica

Nell’ opera di Quasimodo è possibile individuare due fasi:
1) un periodo ermetico (sull' Ermetismo vedi altro post) in cui vedono la luce opere come Acque e terre, Oboe sommerso, Ed è subito sera...
2) il periodo dell'impegno civile,
in cui Quasimodo abbandona il soggettivismo della
poesia ermetica, per dedicarsi ad una poesia che accolga e
racconti i fatti della realtà e della Storia.
A fare da spartiacque tra i due periodi è l'esperienza della Seconda guerra mondiale, una tragedia di proporzioni così immani da persuadere Quasimodo (e con lui molti altri intellettuali italiani dopo il 1945, quando si aprirà la stagione del Neorealismo) che la poesia non può e non deve tacere sugli orrori della Storia e l'intellettuale ha il dovere morale di prendere posizione.
Oggi,
poi, dopo due guerre in cui l' "eroe" è diventato
un numero sterminato di morti, l'impegno del poeta è ancora più grave, perché deve
rifare l'uomo, quest'uomo disperso sulla terra ....quest'uomo che giudica il
male come una necessità, un bisogno al quale non ci si può sottrarre....La
posizione del poeta non può essere passiva nella società...Per quelli che
credono alla poesia come ad un gioco letterario, che considerano ancora il
poeta un estraneo alla vita, uno che sale di notte le scalette della sua torre
per speculare il cosmo, diciamo che il tempo delle speculazioni è finito.
Rifare l’uomo, questo è l’impegno
Oggi, poi, dopo due guerre in cui l' "eroe" è diventato un numero sterminato di morti, l'impegno del poeta è ancora più grave, perché deve rifare l'uomo, quest'uomo disperso sulla terra ....quest'uomo che giudica il male come una necessità, un bisogno al quale non ci si può sottrarre....La posizione del poeta non può essere passiva nella società...Per quelli che credono alla poesia come ad un gioco letterario, che considerano ancora il poeta un estraneo alla vita, uno che sale di notte le scalette della sua torre per speculare il cosmo, diciamo che il tempo delle speculazioni è finito. Rifare l’uomo, questo è l’impegno
S. Quasimodo, Poesia contemporanea, 1946
Dopo una guerra che ha causato 50 milioni di morti, non c’è più spazio per un’arte-letteratura indifferente: l’intellettuale esca dalla sua torre d’avorio e dall'inerzia, riprenda contatto con la realtà, prenda posizione e si esprima; suo dovere morale è scuotere le coscienze.
L’opera più rappresentativa di questa seconda fase - quella dell'impegno civile- è Giorno dopo giorno del 1947. La raccolta, di cui fanno parte le conosciutissime “Alle fronde dei salici” e “Uomo del mio tempo”, è poesia si stampo neorealista, tant'è che già nel 1946 era stata accolta dall'ambiente letterario italiano come primo esempio di poesia della Resistenza.
Alle fronde dei salici
E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento
Scritta nel 1944 in uno dei momenti più drammatici della lotta partigiana per la liberazione, Alle fronde dei salici è la poesia che segna il passaggio per Quasimodo dal periodo ermetico a quello dell’impegno civile: vi è ancora abbondante uso dell’analogia, come ad esempio nell’accostamento tra l’atrocità dell’occupazione nazi-fascista e alcuni elementi biblici (lamento d’agnello dei fanciulli; figlio crocifisso); ciononostante il linguaggio si fa più semplice.
Al centro della riflessione del poeta è l’orrore della Seconda guerra mondiale e ciò che ne seguì con l'occupazione nazifascista della penisola (piede dello straniero sul cuore): una tragedia che lasciò tutti impietriti e di fronte alla quale la poesia non osò esprimersi (E come potevamo noi cantare) preferendo chiudersi in un silenzio quasi religioso.
Il valore programmatico di questo testo è proprio nell'idea che quel silenzio, anche se incolpevole perché generato da uno sgomento paralizzante, debba ora essere superato per lasciare il posto ad una poesia che si pronunci sulla Storia e prenda posizione.
Uomo del mio tempo
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t'ho visto - dentro il carro di fuoco, alle
forche,
alle ruote di tortura. T'ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo
sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come
uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta
E questo sangue odora come nel giorno
Quando il fratello disse all'altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell'eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
Salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro
cuore.
In “Uomo del mio tempo” la riflessione è sulla follia della guerra tout court, su tutte le guerre della Storia, tutte apparentemente diverse ma tutte ugualmente fratricide. Anche qui lo stile è piuttosto semplice, per quanto non manchino figure retoriche come metafore (ali maligne; carro di fuoco; meridiane di morte; ecc.) e sinestesie (eco fredda).
Un esempio di intellettuale militante, B. Brecht..(1898-1956)
L’idea di una poesia e in generale
di un'arte militante, che si occupi della Storia e provi a
modificarla mobilitando le coscienze, è comune a numerosi intellettuali già a
partire dagli anni 30-40. Si veda la produzione di Bertold Brecht, drammaturgo
e poeta tedesco (1898-1956) le cui opere furono bruciate dai Nazisti nel 1933
perché considerate antitedesche e “pericolose”.
A coloro che verranno
Davvero, vivo in tempi bui!
La parola innocente è stolta. Una fronte
distesa
vuol dire insensibilità. Chi ride,
la notizia atroce
non l’ha saputa ancora.
Quali tempi sono questi, quando
un dialogo sugli alberi è quasi un delitto,
perché su troppe stragi comporta silenzio!
B. Brecht, A coloro che verranno
Germania 1933, rogo dei libri ritenuti pericolosi, tra cui le opere di Brecht |