Quotidianamente utilizziamo migliaia di parole: parole di tenerezza, parole d’amore, parole che esprimono rimpianti o sogni.
Le parole servono a comunicare, verità lapalissiana: come farebbe chi abbiamo di fronte a comprendere chi siamo e cosa vogliamo se non glielo dicessimo a parole, appunto.
Attraverso le parole, tuttavia, non solo raccontiamo noi stessi ma agiamo sull’altro: ne modifichiamo lo stato d’animo cancellando la sua tristezza con parole di conforto, ne orientiamo i comportamenti persuadendolo a compiere delle scelte o dissuadendolo dal farne altre, ne indirizziamo il pensiero; pensiamo alle tante parole di cui fanno uso ogni giorno genitori, insegnanti, educatori d’ogni categoria per incitare, ammonire, consolare, per comunicare valori e ammaestramenti.
Le
parole sono potenti al punto da modificare gli eventi, alcune parole forti e urlate
forte sono state in grado di modificare la Storia, di mettere in discussione
ciò che era dato per scontato indicando nuove vie: sono le parole coraggiose pronunciate
dalla Scienza quando ha osato disobbedire alla tradizione o le parole delle
minoranze che hanno reclamato libertà, diritti, uguaglianza.
Dunque, le parole hanno sempre un peso perché sortiscono effetti concreti, per questo occorrerebbe ponderarle con attenzione proprio come, prima di intraprendere una qualsiasi altra azione.
La
stessa attenzione non va alle parole che, spesso usate a casaccio se non addirittura in
maniera decisamente impropria, generano catastrofi.
Il disturbo di comunicazione
C’è un racconto di Achille Campanile (1899-1977) intitolato La lettera di Ramesse che, sia pure in chiave umoristica, rende perfettamente quale sia il peso di un disturbo della comunicazione.
Ramesse
è innamorato di una fanciulla incontrata casualmente. Decide di confessarle il
proprio amore in una lettera. Poiché il geroglifico, si sa, è composto da pittogrammi
di non facile realizzazione e avendo Ramesse scarsa propensione al disegno, ne
risulta un gigantesco equivoco
«Soave
fanciulla…»
(E
disegnò alla meno peggio una fanciulla cercando di darle un’aria quanto più
fosse possibile soave). …dal primo istante in cui vi ho vista… (Cercò di
disegnare un occhio aperto e appassionato).
…il
mio pensiero vola a voi… (Come esprimere questo concetto poetico? Ecco: tracciò
sul papiro un uccello).
…Se
non siete insensibile ai miei dardi d’amore… (E disegnò una freccia scagliata).
…
trovatevi
fra sette mesi… (Sette piccole lune s’allinearono sul papiro). …
lì
dove il sacro Nilo fa un gomito… (Questo era molto facile: all’innamorato bastò
tracciare un fiumicello a zig-zag).
…e precisamente vicino al tempio di Anubi…
(Anche questo era piuttosto facile, l’immagine del dio dal corpo d’uomo e dalla
testa di cane essendo nota a tutti)
.
…perché possa esternarvi i sensi di una rispettosa ammirazione… (Disegnò se
stesso che s’inginocchiava).
…Mi
creda, con perfetta osservanza, eccetera, eccetera.
Giunto
nelle mani della fanciulla, il messaggio viene così interpretato:
(E disegnò alla meno peggio una fanciulla cercando di darle un’aria quanto più fosse possibile soave). …dal primo istante in cui vi ho vista… (Cercò di disegnare un occhio aperto e appassionato).
…il mio pensiero vola a voi… (Come esprimere questo concetto poetico? Ecco: tracciò sul papiro un uccello).
…Se non siete insensibile ai miei dardi d’amore… (E disegnò una freccia scagliata). …
trovatevi fra sette mesi… (Sette piccole lune s’allinearono sul papiro). …
lì dove il sacro Nilo fa un gomito… (Questo era molto facile: all’innamorato bastò tracciare un fiumicello a zig-zag).
…e precisamente vicino al tempio di Anubi… (Anche questo era piuttosto facile, l’immagine del dio dal corpo d’uomo e dalla testa di cane essendo nota a tutti)
. …perché possa esternarvi i sensi di una rispettosa ammirazione… (Disegnò se stesso che s’inginocchiava).
…Mi creda, con perfetta osservanza, eccetera, eccetera.
Detestabile
zoppa…
…ho
mangiato un uovo al tegamino
…voi
siete un’oca perfetta…
…ma,
nel fisico, somigliate piuttosto a una lisca di pesce…
Vi
piglierò a sassate…
Siete
un ignobile vermiciattolo…
…e
avete bisogno della protezione di Anubi…
I
segni utilizzati senza troppa cura da Ramesse sono fraintesi: la malriuscita sagoma
della fanciulla danzante evoca l’immagine di una giovane zoppa, l’occhio
somiglia ad un uovo, l’uccello che dovrebbe rappresentare la poetica idea del
pensiero che vola all’amata somiglia ad un’oca e la fanciulla destinataria della lettera non gradisce affatto di essere apostrofata come detestabile zoppa dalla silhouette simile ad una lisca di pesce...
…ho mangiato un uovo al tegamino
…voi siete un’oca perfetta…
…ma, nel fisico, somigliate piuttosto a una lisca di pesce…
Vi piglierò a sassate…
Siete un ignobile vermiciattolo…
…e avete bisogno della protezione di Anubi…