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Il principe. Machiavelli


Per comprendere appieno lo scopo e insieme la novità de Il principe (1513) occorre partire innanzitutto dal concetto di realtà effettuale, espressione che in Machiavelli indica il reale stato delle cose, la realtà così com’è: la natura umana quale realmente è, il rapporto tra gli individui come effettivamente sono, i limiti dei governanti -esseri umani anch’essi- i problemi relativi alla gestione di uno Stato, le criticità legate a situazioni contingenti ecc.

Dall’analisi della realtà effettuale così com'è scaturiscono le scelte della politica, che dunque in Machiavelli non agisce in base ad astratte categorie -morali, religiose, concettuali- ma fornisce risposte e indica soluzioni che la realtà richiede.

A considerare la realtà effettuale dell’Italia nel XVI secolo, il quadro che ne emerge è tutt’altro che consolante: L’Italia è un Paese sconvolto dalle guerre, devastato dal passaggio e dalle razzie dei soldati mercenari, diviso in Stati regionali spesso in conflitto tra loro e governati da principi incapaci, alcuni troppo deboli, altri eccessivamente autoritari, altri ancora corrotti; insomma l’Italia è un Paese la cui realtà effettuale è tale da richiedere alla politica soluzioni urgenti e concrete, non importa se eticamente discutibili secondo la comune morale o se impopolari, perché la politica risponde di se stessa solo alla realtà.

Nei primi undici capitoli (in totale l'opera ne comprende ventisei), passate in rassegna le diverse tipologie di principati e chiarita la differenza tra principati ereditari, nuovi e misti, Machiavelli spiega come sia possibile mantenerli nel tempo e in che modo sia dunque possibile assicurare all'Italia un governo stabile.

Debbe pertanto uno che diventa Principe per favore del popolo, mantenerselo amico; il che gli fia facile, non domandando lui se non di non essere oppresso. Ma uno che contro il popolo diventi Principe con il favor de’ grandi, deve innanzi ogni altra cosa cercare di guadagnarsi il popolo.

Condicio sine qua non per la stabilità di un principato è il consenso, vale a dire che lo Stato e il potere di chi lo guida devono godere dell’appoggio del popolo, è provato dai fatti, oltre che dalla Storia. Dunque, se il principato è nato grazie al favore del popolo, il principe non dovrà fare altro che mantenerselo amico, se invece il principato è nato fondandosi sull’appoggio dei potenti, il principe dovrà guadagnarsi il favore del popolo. Laddove questo non accada, lo Stato è instabile proprio come accade alla gran parte degli Stati italiani.

Nei capitoli XII, XIII e XIV Machiavelli affronta un altro tema di scottante attualità per l’Italia del tempo: le milizie mercenarie.

Dico adunque, che l’armi, con le quali un Principe difende il suo Stato, o le sono proprie, o le sono mercenarie, o ausiliarie, o miste. Le mercenarie ed ausiliari sono inutili e pericolose; e se uno tiene lo Stato suo fondato in su l’armi mercenarie, non starà mai fermo nè sicuro …

La cagione di questo è, che non hanno altro amore, nè altra cagione che le tenga in campo, che un poco di stipendio, il quale non è sufficiente a fare che e’ voglino morire per te. Vogliono bene essere tuoi soldati mentre che tu non fai guerra; ma come la guerra viene, o fuggirsi o andarsene. gli erano peccati di Principi, ne hanno patita la pena ancora loro. Io voglio dimostrare meglio la infelicità di queste armi. I capitani mercenari o sono uomini eccellenti, o no; se sono, non te ne puoi fidare, perchè sempre aspirano alla grandezza propria …ma se non è il capitano virtuoso, ti rovina per l’ordinario. …il Principe deve andare in persona, e fare lui l’ufficio del capitano; la Repubblica ha da mandare i suoi cittadini

Il principe, cap XII

Machiavelli distingue diversi tipi di esercito: quello costituito da armi mercenarie; da armi ausiliarie (fornite da un altro principe); da armi miste (cioè sia proprie sia mercenarie); da armi proprie (l’esercito è composto dagli stessi sudditi del principe).

La realtà effettuale e la Storia passata dimostrano che laddove l’esercito sia costituito totalmente o in parte da mercenari che provengano da altri Stati, esso non è affidabile, poiché il soldato mercenario non combatte per amore della patria o per lealtà nei confronti del proprio signore, ma soltanto per denaro.

Il principe deve dunque poter contare su un esercito di cittadini, gli unici che abbiano davvero a cuore le sorti dello Stato.

Le qualità del governante.

Le pagine forse più note del trattato sono quelle che Machiavelli dedica alla figura del principe, al comportamento che deve tenere con i sudditi o con i governanti di altri Stati, alle qualità che deve possedere e a quelle che deve solo mostrare di avere. Anche in questo caso la politica deve fare i conti con la realtà” e il principe agirà tenendo ben presente la realtà effettuale in cui si muove.

Dovete adunque sapere come sono dua generazioni di combattere: l’uno, con le leggi; l’altro, con la forza. Quel primo è proprio dello uomo; quel secondo, delle bestie. Ma perché el primo molte volte non basta, conviene ricorrere al secondo: pertanto a uno principe è necessario sapere bene usare la bestia e lo uomo. Questa parte è suta insegnata alli principi copertamente da li antichi scrittori, e’ quali scrivono come Achille e molti altri di quelli principi antichi furno dati a nutrire a Chirone centauro, che sotto la sua disciplina li custodissi. Il che non vuole dire altro, avere per precettore uno mezzo bestia e mezzo uomo, se non che bisogna a uno principe sapere usare l’una e l’altra natura: e l’una sanza l’altra non è durabile.

Sendo dunque necessitato uno principe sapere bene usare la bestia, debbe di quelle pigliare la golpe e il lione: perché el lione non si difende da’ lacci, la golpe non si difende da’ lupi; bisogna adunque essere golpe a conoscere e’ lacci, e lione a sbigottire e’ lupi: coloro che stanno semplicemente in sul lione, non se ne intendono. Non può pertanto uno signore prudente, né debbe, osservare la fede quando tale osservanzia gli torni contro e che sono spente le cagioni che la feciono promettere. E se li uomini fussino tutti buoni, questo precetto non sarebbe buono: ma perché e’ sono tristi e non la osserverebbono a te, tu etiam non l’hai a osservare a loro; né mai a uno principe mancorno cagioni legittime di colorire la inosservanzia. Di questo se ne potrebbe dare infiniti esempli moderni e mostrare quante pace, quante promisse sono state fatte irrite e vane per la infidelità de’ principi: e quello che ha saputo meglio usare la golpe, è meglio capitato. Ma è necessario questa natura saperla bene colorire ed essere gran simulatore e dissimulatore: e sono tanto semplici gli uomini, e tanto ubbidiscono alle necessità presenti, che colui che inganna troverà sempre chi si lascerà ingannare.

Il principe, cap XVIII 

Si può agire in due modi: basando il proprio comportamento e le proprie scelte sulla razionalità e le leggi, il che è tipico degli uomini, oppure affidandosi alla forza bruta, il che connota il comportamento degli animali. Nel mito, Achille ebbe come precettore il centauro Chirone -metà uomo e metà cavallo;- uscendo di metafora, il governante, come il centauro, deve saper essere uomo e al contempo bestia: come la volpe egli deve saper essere astuto così da riuscire a cavarsi d’impiccio nelle situazioni critiche, come il leone dovrà avere coraggio sufficiente a difendersi da coloro che lo attaccano.

Inoltre, poiché nella realtà gli uomini -specie il popolo- sono per natura pronti a tradire e ad ingannare, anche il principe tradisca la parola data se questo è per il bene dello Stato.

A uno principe adunque non è necessario avere in fatto tutte le soprascritte qualità, ma è bene necessario parere di averle; anzi ardirò di dire questo: che, avendole e osservandole sempre, sono dannose, e, parendo di averle, sono utili; come parere pietoso, fedele, umano, intero, religioso, ed essere; ma stare in modo edificato con lo animo che, bisognando non essere, tu possa e sappia diventare il contrario.

Il principe, cap XVIII

Colui che inganna troverà sempre chi si lascerà ingannare,  è un dato di fatto, e siccome ognuno vede quello che tu pari, pochi sentono quello che tu se’, non è necessario che il governante sia realmente virtuoso, buono, onesto, fedele, umano, è invece importante che all’occorrenza mostri di esserlo.

Infine, poiché tutto ciò che accade è per metà opera della Fortuna -fiume impetuoso che, quando si adira, allaga e’ piani, rovina li arbori e li edifizi, seminando ovunque distruzione-, e per l’altra metà dipende dall’uomo, il principe deve essere dotato di prontezza e spirito d’iniziativa tali da riuscire a prevenire i danni della Fortuna o quantomeno a limitarli, costruendo argini che ne contengano la furia.

Concludendo

La novità de Il principe rispetto alla trattatistica degli anni precedenti è nella tesi sostenuta: la realtà effettuale dell’Italia, schiava e vituperata (cfr cap.XII), impone che si trovino soluzioni giuste, che si approntino strumenti adatti e non importa che essi siano compatibili con quelli voluti dalla morale comune...

La politica è un’altra cosa.