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Gargantua e Pantagruele

 

L'autore


Figura decisamente singolare Francois Rabelais: nato nel 1494 in Francia, fu monaco sui generis per libertà di pensiero e curiosità intellettuale, tant’è che dismesso il saio si fece prete secolare, s’iscrisse all’università, strinse amicizia con intellettuali invisi alle gerarchie ecclesiastiche, primo fra tutti Erasmo da Rotterdam.


La sua opera Gargantua e Pantagruele subì la stessa sorte dell’Elogio di Erasmo e venne censurata perché ritenuta immorale per i temi affrontati e per i toni polemici nei confronti della Curia papale.


Attraverso i cinque libri che lo compongono, il romanzo narra la storia e le rocambolesche avventure di Gargantua 
(libro primo, La vita inestimabile di Gargantua, padre di Pantagruele) e del figlio Pantagruele  (a partire dal libro secondo) dal momento della loro nascita fino alla maturità.

 

La trama

 

L’eccezionalità di Gargantua è chiara fin dalla nascita, avvenuta per vie ben strane.


Grangola e Gargamella hanno gozzovigliato bevendo ettolitri di vino e mangiando trippaglia

Malgrado le raccomandazioni a non abusarne, Gargamella, prossima la parto,  ne mangia sedici moggia, due barili e sei scodelle. Oh bella materia fecale che doveva ribollirgli dentro...!


Precluse -nonch
é  occluse- le canoniche vie del parto, il nascituro Gargantua si fa strada come può e, risalendo attraverso la vena cava fino al diaframma, s’arrampica via via sempre più su fino a raggiungere l’orecchio sinistro di Gargamella e da lì viene al mondo.


Gargantua è un neonato prodigioso per la stazza gigantesca e il gigantesco appetito: per allattarlo convenientemente vengono ordinate diciassettemila novecento e tredici vacche, perché non è possibile trovare in tutto il paese nutrice adeguata alla grande quantità di latte necessario ad alimentarlo.


Cresce vispo, sano e con un’intelligenza sorprendente
! All’età di cinque anni fa la scoperta che gli cambierà la vita: dopo lunghi e diligenti esperimenti trova il modo più eccellente e più spedito per forbirsi il culo nell’utilizzo di un papero di copiosa peluria opportunamente bloccato tra le gambe mentre assolve alla sua funzione.


Dai tre ai cinque anni, Gargantua viene allevato secondo la disciplina conveniente per un bambino di quell’età…beve, mangia e dorme, mangia dorme e beve, dorme beve e mangia. 


Nonostante la tenera età, manifesta discreto interesse per l’altro sesso palpeggiando tutte le governanti che gli capitano a tiro.


Quando Gargantua raggiunge l’età giusta per intraprendere gli studi, il padre decide per un’istruzione sul modello di quella francese e lo conduce a Parigi dove poter osservare –e prender nota- come i giovinetti vengano formati.


Una volta a Parigi, Gargantua non passa inosservato: la gente lo ammira a bocca aperta, ma infastidito dalla folla, Gargantua va a riposare sulle torri di Notre Dame e da lì, spalancando la sua bella braghetta, urina sui passanti, annegandone duecentossantacinquemila quattrocento e diciotto tra uomini, donne e bambini.


Sputando e tossendo, qualcuno sfugge a quella pisciaforte e mentre corre in cerca di riparo urla “Per san Fottino apostolo, …siamo inondati par ris : da questo istante la città per tutti sarà Paris.


Le avventure di Gargantua proseguono per tutto il primo libro dell’opera per lasciare spazio nei libri successivi a quelle del figlio Pantagruele.


Nato quando Gargantua ha la veneranda età di oltre quattrocento anni, Pantagruele
(tale padre, tale figlio) è neonato gigantesco e vorace, bambino  geniale, poi studente improbabile a Parigi, dove conoscerà Panurge, che diventerà amico inseparabile e compagno di innumerevoli avventure.


Nell’estratto che segue, il vorace Pantagruele divora la vacca che avrebbe dovuto allattarlo, mostrando di gradirne tutto, dal fegato ai rognoni fino all’osso, che invano tentano di sottrargli. Per contenerne la forza bruta e lo strepitoso appetito, Gargantua decide allora di legarlo alla culla con pesanti catene


…Un certo giorno sul far del mattino, che volevano fargli tettare una delle sue vacche…egli si liberò un braccio dai legacci che lo tenevano fisso alla culla, e ti prende la detta vacca un po’ sopra il giarretto, e le mangiò tutte e due le mammelle e metà del ventre, col fegato e tutti i rognoni; e l’avrebbe divorata intera se, se lei non si fosse messa a gridare orribilmente…al qual rumore arrivò gente, che tolsero la detta vacca dalle mani di Pantagruele, ma non riuscirono a farlo così bene che non gli restasse in mano il garretto che aveva afferrato e continuava a mangiarlo come se fosse stato una salsiccia; e quando gli vollero portar via l’osso, lo mandò giù in un momento…

Gargantua, temendo che si facesse del male, fece fare quattro grosse catene di ferro per legarlo, e fece mettere alla culla degli arconi ben puntellati..
…Ma ecco che arrivò il giorno d’una gran festa, che suo padre Gargantua offriva un bel banchetto a tutti i principi della corte. Penso che tutti i servitori della corte fossero così occupati al servizio del banchetto, che non pensarono più al povero Pantagruele, il quale se ne stava così a reculorum. Che cosa fece allora?...Cercò di rompere le sue catene con le braccia, ma non ci riuscì …Allora scalpicciò tanto con i piedi che schiantò l’estremità della sua culla…e quando ebbe messo i piedi fuori, si lasciò scivolare in giù come meglio potè  in modo da toccare coi piedi per terra. E allora con gran vigore si levò, portandosi tutta la culla legata così sulla schiena, come una tartaruga che s’arrampichi su un muretto, e a vederlo sembrava un bel bastimento di cinquecento tonnellate che stesse in piedi…E in questo modo entrò nella sala del banchetto……
; ma siccome aveva le braccia legate nella sua culla, non poteva prender niente da mangiare, riusciva solo a chinarsi con gran fatica per tirar su qualche boccone con la punta della lingua…

 F. Rabelais, Gargantua e Pantagruele, Libro II



Di stazza gigantesca, iperbolicamente spropositati nelle azioni quanto nei desideri/appetiti di ogni sorta, i due personaggi vivono una corporeità/fisicità quasi animalesca: in loro l’istinto, libero dalle catene della ragione o della morale, è vitalità esplosiva che spinge al soddisfacimento dei propri bisogni e alla ricerca del piacere.


Opera di irresistibile comicità, Gargantua e Pantagruele sorprende per la sua modernità. 

Come Erasmo, che nellElogio della follia aveva sostenuto l’importanza del piacere contro l’ipocrisia dei benpensanti, così il monaco illuminato Rabelais sfida il pensiero medievale, che nega il corpo in quanto fonte di dannazione, e recupera l'istinto/la corporeità come parte costitutiva e naturale della vita dell’uomo, pur senza farne l'apologia, beninteso: Rabelais rimane un uomo del suo tempo, per giunta un monaco (sia pure di vedute ampie) e si guarda bene dal mettere in discussione l'indiscutibile (la Morale, la Religione, la Ragione). La modernità di Rabelais è dunque nella sincerità con cui fa luce sulla complessità dell'uomo riconoscendone come naturalmente costitutivi anche gli aspetti meno nobili, quelli che lo avvicinano alla bestia molto più che a Dio...