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Machiavelli e Guicciardini: concezione della storia

 


Premessa


Entrambi fiorentini, intellettuali con le mani in pasta nella realtà del tempo, amici ma spesso su posizioni contrastanti, N. Machiavelli (1469-1527) e F. Guicciardini (1483-1540) animarono il dibattito culturale cinquecentesco con opere rimaste a lungo insuperate per lucidità di pensiero e rigore metodologico.


A leggere le opere politiche di Machiavelli (Il principe e Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio) e quelle di Guicciardini (Ricordi e Storia d’Italia) ci si imbatte in questioni che, per la loro valenza universale, superano la dimensione storico-temporale del tempo e offrono spunti di riflessione sull’uomo, la vita e la Storia.



La Storia secondo Machiavelli

Non mi è incognito, come molti hanno avuto e hanno opinione, che le cose del mondo siano in modo governate dalla fortuna, e da Dio, che gli uomini con la prudenza loro non possino correggerle, anzi non vi abbino rimedio alcuno......, perchè il nostro libero arbitrio non sia spento, giudico potere esser vero, che la fortuna sia arbitra della metà delle azioni nostre, ma che ancora ella ne lasci governare l’altra metà, o poco meno, a noi. Ed assomiglio quella ad fiume rovinoso, che quando ei si adira, allaga i piani, rovina gli arbori e gli edifici, lieva da questa parte terreno, ponendolo a quell’altra; ciascuno gli fugge davanti, ognuno cede al suo furore, senza potervi ostare; e benchè sia così fatto, non resta però che gli uomini, quando sono tempi quieti, non vi possino fare provvedimenti e con ripari, e con argini, immodochè crescendo poi, o egli andrebbe per un canale, o l’impeto suo non sarebbe sì licenzioso, nè sì dannoso.
 Similmente interviene della fortuna, la quale dimostra la sua potenzia dove non è ordinata virtù a resistere, e quivi volta i suoi impeti, dove la sa che non sono fatti gli argini, nè i ripari a tenerla. E se voi considererete l’Italia, che è la sede di queste variazioni, e quella che ha dato loro il moto, vedrete essere una campagna senza argini, e senza alcun riparo. Che se la fusse riparata da conveniente virtù, come è la Magna, la Spagna, e la Francia, questa inondazione non avrebbe fatto le variazioni grandi che l’ha, o la non ci sarebbe venuta. …
la Fortuna è donna; ed è necessario, volendola tener sotto, batterla, ed urtarla; e si vede che la si lascia più vincere da questi che da quelli che freddamente procedono. E però sempre, come donna, è amica de’ giovani, perchè sono meno rispettivi, più feroci, e con più audacia la comandano.
N. Machiavelli, Il principe, cap.XXV


Interrogandosi sul ruolo del principe e su come egli possa governare gli eventi, Machiavelli estende la sua riflessione all’uomo e al suo rapporto con la storia.


Sbaglia chi sostiene che la Fortuna (Dio o destino che sia) determini da sola il corso della Storia, il successo – o l’insuccesso- delle azioni umane: essa è arbitra solo per metà in ciò che accade, l’altra metà è appannaggio dell’uomo, il quale ha la capacità (che talvolta non applica per pigrizia o vigliaccheria) di controllare la Fortuna, costruendo argini che ne contengano la violenza simile a quella di un fiume in piena. La Fortuna esercita la sua forza distruttiva solo quando l’uomo, rimanendo inerte, non le si opponga con l'intelligenza, la prudenza e la capacità di agire mettendo in atto strategie preventive e/o rimedi tempestivi.

 

Nondimanco, nello ordinare le republiche, nel mantenere li stati, nel governare e’ regni, nello ordinare la milizia ed amministrare la guerra, nel iudicare e’ sudditi, nello accrescere l’imperio, non si truova principe né republica che agli esempli delli antiqui ricorra. Il che credo che nasca non tanto da la debolezza nella quale la presente religione ha condotto el mondo, o da quel male cheha fatto a molte provincie e città cristiane uno ambizioso ozio, quanto dal non avere vera cognizione delle storie, per non trarne, leggendole, quel senso né gustare di loro quel sapore che le hanno in sé. Donde nasce che infiniti che le leggono, pigliono piacere di udire quella varietà degli accidenti che in esse si contengono, sanza pensare altrimenti di imitarle, iudicando la imitazione non solo difficile ma impossibile; come se il cielo, il sole, li elementi, li uomini, fussino variati di moto, di ordine e di potenza, da quello che gli erono antiquamente. Volendo, pertanto, trarre li uomini di questo errore, ho giudicato necessario scrivere, sopra tutti quelli libri di Tito Livio che dalla malignità de’ tempi non ci sono stati intercetti, quello che io, secondo le cognizione delle antique e moderne cose, iudicherò essere necessario per maggiore intelligenzia di essi, a ciò che coloro che leggeranno queste mia declarazioni, possino più facilmente trarne quella utilità per la quale si debbe cercare la cognizione delle istorie. E benché questa impresa sia difficile, nondimanco, aiutato da coloro che mi hanno, ad entrare sotto questo peso, confortato, credo portarlo in modo, che ad un altro resterà breve cammino a condurlo a loco destinato.
Machiavelli, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, Proemio.


Sia pure non senza qualche perplessità sulla natura umana (spesso gli uomini sono pavidi o inaffidabili, stando a quanto si legge in alcune pagine de Il principe) Machiavelli è convinto che l’uomo possa agire sul reale: intelligenza, accortezza, giusta dose di furbizia -se è il caso-, lo mettono in grado di agire e di intervenire sulla Storia, deviandone il corso -almeno parzialmente- quando esso sembra già scritto.

Inoltre, poiché secondo Machiavelli la natura degli uomini e delle cose rimane invariata nel tempo, mutando gli accidenti e non la sostanza, è possibile trarre ispirazione dal passato, ricavandone esempi da imitare e insegnamenti utili al presente.

Se ne ricava una visione della storia fondamentalmente ottimistica e Machiavelli sembra avere la giusta ricetta affinché l'uomo governi gli eventi e non ne sia travolto.



... secondo Guicciardini

Guicciardini ha tutt'altra idea.


6. È grande errore parlare delle cose del mondo indistintamente e assolutamente, e per dire cosí, per regola; perché quasi tutte hanno distinzione ed eccezione per la varietá delle circunstanzie, in le quali non si possono fermare con una medesima misura; e queste distinzione ed eccezione non si truovano scritte in su’ libri, ma bisogna le insegni la discrezione.

31. Coloro ancora, che attribuendo el tutto alla prudenza e virtú, escludono quanto possono la potestá della fortuna, bisogna almanco confessino che importa assai abattersi o nascere in tempo che le virtú o qualitá per le quali tu ti stimi siano in prezzo: come si può porre lo esemplo di Fabio Massimo, al quale lo essere di natura cunctabundo dette tanta riputazione, perché si riscontrò in una spezie di guerra, nella quale la caldezza era perniziosa, la tarditá utile; in uno altro tempo sarebbe potuto essere el contrario. Però la fortuna sua consisté in questo, che e’ tempi suoi avessino bisogno di quella qualitá che era in lui; ma chi potessi variare la natura sua secondo le condizione de’ tempi, il che è difficillimo e forse impossibile, sarebbe tanto manco dominato dalla fortuna.
110. Quanto si ingannono coloro che a ogni parola allegano e’ romani! Bisognerebbe avere una cittá condizionata come era loro, e poi governarsi secondo quello esemplo; el quale a chi ha le qualitá disproporzionate è tanto disproporzionato, quanto sarebbe volere che uno asino facessi el corso di uno cavallo.
122. Guardate quanto gli uomini ingannano loro medesimi: ciascuno reputa brutti e’ peccati che lui non fa, leggieri quegli che fa; e con questa regola si misura spesso el male ed el bene piú che col considerare e’ gradi e qualitá delle cose.
139. Non ha maggiore inimico l’uomo che sé medesimo; perché quasi tutti e’ mali, pericoli e travagli superflui che ha, non procedono da altro che dalla sua troppa cupiditá.
F. Guicciardini, Ricordi



Lette in sequenza, le annotazioni contenute ne I Ricordi restituiscono un’idea di Storia molto diversa da quella espressa da Machiavelli, ma anche una diversa concezione dell'uomo e del mondo. 


Nella storia nulla si ripete e poiché mutano le circostanze, viene meno qualunque regola e/o legge che, applicata nelle epoche a venire, permetta di prevenire o suggerisca soluzioni. Credere che la storia passata costituisca serbatoio di esempi ai quali ispirarsi nel presente è dunque un errore concettuale, poiché prescinde dal dato incontestabile che le condizioni mutano storicamente e bisognerebbe avere una cittá condizionata come era la loro, e poi governarsi secondo quello esemplo”.


Quanto all'uomo, egli è opportunista, improvvido e avido: tutte i travagli e i pericoli in cui incorre sono il risultato delle sue egoistiche scelte; egli non agisce perseguendo il bene comune ma solo il proprio interesse; tende a riconoscere gli errori altrui ma preferisce non vedere i propri; è inaffidabile e volubile.


Ha certo ragione, ammette Guicciardini, chi riconosce alla virtù (complesso di doti intellettuali o qualità morali) la capacità di incidere sulla storia, a patto però che la essa sia tale da rispondere alle esigenze del momento e adatta alle circostanze: il temporeggiatore Quinto Fabio Massimo non avrebbe avuto successo se, nelle circostanze in cui agì, non si fosse resa 
storicamente necessaria proprio quella sua prerogativa del prender tempo e, al contrario, avrebbe prodotto una catastrofe nel caso in cui fosse stato opportuno un altro approccio all’emergenza che fu chiamato a risolvere. (1)


Se la Storia è continuo divenire in cui tutto muta e si trasforma, se l'uomo è inaffidabile come Guicciardini lo descrive, non solo non sono 
possibili ricette cui attenersi sempre e ovunque, ma i margini d'azione per un intervento sul reale si restringono in modo significativo. L'unica via percorribile è dunque quella di esercitare l’arte della discrezione: valutare attentamente le circostanze/gli eventi nella loro specificità/irrepetibilità applicando di volta in volta le opportune strategie di intervento.




(1) Nominato dittatore nel 217 a. C. durante la Seconda guerra punica, Q. Fabio Massimo fu detto temporeggiatore per la scelta di una strategia militare che mirava a logorare le forze nemiche evitando lo scontro frontale.