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Boccaccio misogino?

 

Le donne del Decameron


Indiscusso capolavoro di G. Boccaccio il Decameron, laica e umana commedia che fa luce sull’universo di caratteri, vizi e virtù dell’uomo, pullula di figure femminili tutt’altro che edificanti a considerarne i comportamenti moralmente discutibili, il carattere petulante/noioso, la tendenza ad autocommiserarsi o la crudeltà nei confronti dell’amato.
 

Nella gustosa novella “Andreuccio da Perugia”, il protagonista, facoltoso mercante di cavalli ma di grande ingenuità e di intelligenza non brillantissima, è vittima della bellissima giovane siciliana che, disposta per denaro a compiacere a qualunque uomo pur di averne un vantaggio, scaltra e priva di scrupoli, lo raggira, lo umilia, lo deruba lasciandolo letteralmente in mutande.

 

In “Federigo degli Alberighi”, nona novella della quinta giornata, Federigo è a tal punto innamorato di Donna Giovanna che per conquistarla sperpera tutto il proprio patrimonio riducendosi in povertà assoluta: Giovanna assiste impassibile alla rovina dell'uomo ed è paga solo quando egli sacrifica per lei l’unica cosa rimastagli, l’amato falcone, il compagno fedele di tante battute di caccia che, in mancanza di altro, le viene servito a tavola cotto a puntino il giorno che lei si degna di restare a desinare.

 

Nastagio degli Onesti” è l’apoteosi della crudeltà femminile, che tuttavia nella novella è punita come merita: il protagonista, facoltoso giovane di estrazione borghese, ama una fanciulla che tanto cruda e dura e salvatica gli si mostrava, forse per la sua singolar bellezza o per la sua nobiltade.

Nastagio è disperato ed è pronto ad uccidersi. Recatosi in una pineta in cerca di pace e solitudine necessarie alla realizzazione del suo proposito, il giovane ode le urla di una donna che, nuda e piangente, corre braccata da mastini inferociti aizzati da un cavaliere armato di spada (stocco): morto suicida per amore di quella stessa donna, il cavaliere -o meglio, lo spettro del cavaliere- è condannato dal Ninferno a braccarla in eterno infliggendole sofferenza pari a quella da lei subita.


Nastagio conduce l’amata in quella pineta e fa in modo che assista alla scena e tanta è la paura che di questo le nasce…che ella, avendo l’odio tramutato in amore, una sua cameriera segretamente a Nastagio manda affinché gli riferisca che è pronta a sposarlo.


Insomma, pronte a tradire o a vendersi per denaro, volubili e crudeli, le donne del Decameron non brillano per onestà o affidabilità.


Certo Boccaccio è uomo medievale e non stupisce che abbia così poca considerazione delle donne, all’epoca -e per molto tempo a venire- poco più che semplice costola d’Adamo, creature istintive e con poco cervello o, nel migliore dei casi, graziosi gingilli da esibire in pubblico per poi riporli tra le pareti domestiche accanto ad altre suppellettili. Tuttavia, a leggere il Corbaccio, opera scritta intorno al 1365, nasce il sospetto che Boccaccio fosse autenticamente misogino.
 


Il Corbaccio

 
Il Corbaccio è una feroce satira contro le donne.
 
Tormentato dall’amore per una vedova che non pare gradire le sue attenzioni, Boccaccio, che è anche il narratore, sogna di smarrirsi in una valle oscura dove incontra il defunto marito dell’amata. L’uomo, inviato dalla Madonna affinché soccorra l’infelice e lo liberi dalle pene dell’amore, invita Boccaccio a non sprecare tempo ed energie per una donna i cui vizi e difetti -gli stessi di tutte le donne, tutte ugualmente malvage- gli renderebbero la vita un inferno insopportabile.

 
La femmina è animale imperfetto, passionato da mille passioni spiacevoli, e abominevoli pure a ricordarsene non che a ragionarne: il che se gli uomini riguardassono come dovessono, non altrimenti andrebbono a loro, nè con altro diletto o appetito, che all’altre naturali e inevitabili opportune cose vadano; il luogo delle quali, posto già il superfluo peso, come con istudioso passo fuggono, così loro fuggirebbono, quello avendo fatto perchè la deficiente umana prole si ristora, siccome ancora in ciò tutti gli altri animali molto meglio che gli uomini fanno. Niuno altro animale è meno netto di lei: non il porco, qualora è più nel loto, aggiugne alla bruttezza di lei; …
E vegnamo all’altre loro cose, o ad alcuna di quelle, perciocché volere dir tutto non ne basterebbe l’anno, il quale è tosto per entrar nuovo. Esse, di malizia abbondanti, la qual mai non supplì, anzi sempre accrebbe difetto, considerata la loro bassa e intima condizione, con quella ogni sollecitudine pongono a farsi maggiori: e primieramente alla libertà degli uomini tendono lacciuoli, , oltre a quello che la natura ha loro di bellezza o d’apparenza prestato, con mille unguenti e colori dipignendo, e or con solfo e quando con acque lavorate e spessissimamente co’ raggi del sole i capelli neri dalla cotenna prodotti simiglianti a fila d’oro fanno le più divenire: e quelli ora in treccia di dietro alle reni, ora sparti su per li omeri, ora alla testa ravvolti; secondo che più vaghe parer credono, compongono; e quinci con balli, e talor con canti, non sempre, ma talor mostrandosi, i cattivelli che attorno vanno, avendo nell’esca nascosto l’amo, prendono senza lasciare. 
E sieti manifesto, che colei che in questa moltitudine più casta e più onesta ti pare, vorrebbe avanti solo un occhio avere, che esser contenta solo d’un uomo; e se forse due o tre ne bastassero, saria qualche cosa, e forse saria tollerabile, se questi due o tre avanzassero i mariti, o fossero almen loro pari. La loro lussuria è focosa e insaziabile…
Tutti i pensieri delle femmine, tutto lo studio, tutte l’opere a niuna altra cosa tirano, se non a rubare a signoreggiare e ad ingannare gli uomini…
 Mobili tutte e senza alcuna stabilità sono: in una ora vogliono e disvogliono una medesima cosa ben mille volte, salvo se di quelle che a lussuria appartengono non fossono, perciocchè quelle sempre le vogliono. Sono generalmente tutte presuntuose
E oltre a ciò (che così in loro dimora come le macchie nell’ermellino) non favellatrici, ma seccatrici sono
 
Ma vegnamo ad altro. Dovevanti ancora gli studii tuoi dimostrare chi tu medesimo sii, quando il natural conoscimento non te l’avesse mostrato, e ricordarti e dichiararti che tu se’ uomo fatto alla immagine e alla similitudine d’Iddio, animale perfetto, nato a signoreggiare e non ad essere signoreggiato. La qual cosa nel nostro primo padre ottimamente dimostrò colui, il quale poco davanti l’avea creato, mettendogli tutti gli altri animali dinanzi e facendogli nomare,e alla sua signoria sopponendoli; il simigliante appresso facendo di quella una e sola femmina ch’era al mondo, la cui gola e la cui disubbidienzia e le cui persuasioni furono di tutte le nostre miserie cagione e origine…
 
Il defunto si produce in un lungo elenco di difetti femminili, pur sorvolando generosamente su alcuni di essi perché, a dirli tutti, occorrerebbe un intero anno.


Animali imperfetti, abominevoli creature sudicie più di quanto lo siano i porci che amano rotolarsi nel fango; maliziose e lussuriose al punto che neppure la più casta di loro si contenta di un solo uomo; prepotenti e petulanti; farneticanti e seccatrici; volubili e senz’altro meno belle di quel che sembrano -ne è prova la gran quantità di belletti che son costrette ad adoperare- le donne sono da sempre il tormento dell’uomo, che invece è animale perfetto fatto ad immagine e somiglianza di Dio.
 
Svegliatosi dal suo sogno, Boccaccio è finalmente libero dalle pene dall’amore, ma sente il dovere di ammonire i giovani che ingenuamente rischiano di finire tra le grinfie di femmine malvage e così compone la sua piccola operetta…:
 
Piccola mia operetta, venuto è il tuo fine, e da dare è omai riposo alla mano; e perciò ingegnera’ti d’essere utile a coloro, e massimamente a’ giovani, i quali con gli occhi chiusi, per li non sicuri luoghi, troppo di sè fidandosi, senza guida si mettono; e del beneficio da me ricevuto dalla genitrice della salute nostra sarai testimone. Ma sopra ogni cosa ti guarda di non venire alle mani delle malvage femmine, e massimamente di colei che ogni demonio di malvagità trapassa, e che della presente tua fatica è stata cagione; perciocchè tu saresti là mal ricevuta, ed ella è da pugnere con più acuto stimolo che tu non porti con teco: il quale, concedendolo colui che d’ogni grazia è donatore, tosto a pugnerla, non temendo, le si faccia incontro.
 
L’operetta sia monito per i giovani e apra loro gli occhi, ma non giunga nelle mani di nessuna femmina, men che mai di quella che supera in malvagità persino il demonio e che dell'opera è stata cagione: a lei spetta punizione ben più severa di una semplice invettiva (ella è da pugnere con più acuto stimolo).

 

Come interpretare il Corbaccio? Misoginia o gioco letterario?