Premessa
Luigi Pirandello aderì al Fascismo nel 1924, all’indomani del delitto Matteotti: inviò una lettera a Mussolini in cui chiedeva di poter occupare nel partito il posto di umile e obbediente gregario. Nel 1925 firmò il Manifesto degli intellettuali fascisti. Nel 1935 donò la medaglia del premio Nobel-medaglia ricevuta l’anno precedente-per contribuire alla raccolta di metallo in vista della guerra in Etiopia.
Questi sono fatti chiari e incontestabili. Ciò che non è ancora del tutto chiaro è il motivo per il quale Pirandello si avvicinò al Fascismo.
Opinioni autorevoli
-C’è
chi dice che avesse subito il fascino di un movimento che si proponeva come
alternativo ai tradizionali partiti liberali, in cui Pirandello non si era mai
riconosciuto, e quindi aderì al Fascismo convintamente. Questa è la tesi
sostenuta da Piero Meli in Io sono fascista ;
-C’è
chi, come Leonardo Sciascia, sostiene la tesi dell’opportunismo e ritiene che
il fascismo di Pirandello -di pura facciata-, nascesse dalla necessità di
procurarsi appoggio politico e finanziamenti, tant’è che da Mussolini ricevette
denaro per il Teatro d’Arte che aveva fondato e di cui era direttore ;
-C’è infine chi, come il critico letterario A. Leone de Castris, parla di scelta dettata da iniziale ingenuità, una scelta scaturita da un errore di valutazione da parte di Pirandello che più tardi avrebbe mostrato segni di ravvedimento.
Quale che sia la verità e in qualunque caso, la contraddizione intrinseca a quella scelta rimane perché:
1. Se Pirandello aderì convintamente al fascismo, ciò è in netto contrasto con il vitalismo che è a fondamento della sua opera e del suo pensiero: ci si chiede come possano conciliarsi l’idea che la vita, in quanto movimento, rifugge dalla cristallizzazione in una forma, con l’adesione al fascismo che ha rappresentato la forma per eccellenza per milioni di italiani, l’irreggimentazione degli individui secondo il pensiero unico del regime.
2. Se lo ha fatto per opportunismo, ancor più incomprensibile: sarebbe davvero stupefacente se, considerata la feroce critica pirandelliana all’ipocrisia delle maschere, egli avesse finito per indossarne una perché conveniente.
3. La tesi dell’ingenuità, sostenuta da A. Leone De Castris, regge poco considerato che non vi sono tracce di un successivo reale ripensamento da parte di Pirandello, salvo la lettera-testamento in cui Pirandello aveva scritto che da morto non avrebbe voluto funerali di stato, desiderava essere ignudo- quindi senza la camicia nera- per poi essere cremato.
Insomma, sullo
strano caso del fascismo pirandelliano ancora si dibatte. Per approfondire, vai qui