Realismo e utopismo costituiscono i due poli entro i quali si svolge la riflessione politica a partire dal XVI secolo.
Se l’esempio più
illustre del realismo politico è nel Principe di N. Machiavelli, che
muovendo da un’attenta analisi della problematica realtà effettuale
dell’Italia giunge a suggerire soluzioni fattibili/concretamente
realizzabili, dall’altra parte l’Utopia (1516) di Tommaso Moro e La Città
del sole (1623) di Tommaso Campanella (1568-1639) rappresentano i capolavori
dell’utopismo con il suo progetto della società ideale.
La città del sole
L‘opera è il dialogo tra il Gran Maestro
degli Ospitalieri e un Ammiraglio genovese.
Incalzato dalle domande dell’Ospitaliero, il Genovese, di ritorno da uno dei suoi viaggi intorno al mondo, racconta della città di Taprobana, terra popolosa e felice come nessun’altra.
Situata su un colle
al centro di un’isola, la città, che è di forma circolare, è costituita da
sette giri di mura.
Alla sommità del
monte si distende un’ampia pianura nel cui mezzo sorge un tempio perfettamente
rotondo, non rinchiuso fra mura, ma appoggiato a massiccio ed eleganti colonne.
La città è retta da un Sommo Sacerdote: egli esercita il
potere temporale e il potere spirituale ma è assistito da Pon,
Sin e Mor, vale a dire Potenza, Sapienza ed Amore.
La Potenza ha il governo
di quanto attiene alla pace ed alla guerra; alla Sapienza spetta la direzione dell’arti
liberali, meccaniche e di tutte le scienze; mentre il terzo
dei triumviri, l’Amore, sovrintende alla procreazione, assicurandosi che l’unione
amorosa accada fra individui talmente organizzati che possano produrre
un'eccellente prole, beffandosi così degli uomini, che s’adoperano per
migliorare la razza dei cani e dei cavalli ma trascurano di migliorare la
propria.
Il congiungimento tra un uomo e una donna avviene
dunque in modo da garantire una sana e valida progenie, così una
donna grande e bella è unita ad un uomo robusto ed appassionato, una
pingue ad un magro, una magra ad un pingue, e così con sapiente e vantaggioso
accozzamento vengono moderati tutti gli eccessi.
Il Sommo Sacerdote, che
può aspirare a questa carica solo se ha compiuto il trentacinquesimo anno (dal settimo lustro di età), è anche sommamente
sapiente perché conosce le storie di tutte le genti,
gli usi, i costumi, le leggi su cui si fondano le repubbliche, quelle su cui si
reggono le monarchie, i fondamenti di tutte le arti, tutte le vicende
terrestri e celesti.
G. M. Ma qual uomo
può possedere tanta dottrina? Anzi uno scienziato non è forse il meno idoneo al
regime della cosa pubblica?
Amm. Questa obbiezione venne pure da me mossa, e per
risposta ebbi: Tanto noi siamo certi potere un sapiente possedere attitudine al
buon governo d’una repubblica, quanto voi, che anteponete uomini ignoranti, e
stimati abili perchè discendenti da principi, od eletti dalla prepotenza d’un
partito. Ma il nostro Hoh, supposto anche inespertissimo in ogni forma di
governo, non diverrà giammai crudele, scellerato o tiranno, e solo perchè
possiede un’immensa sapienza. Bensì questa
obbiezione può avere forza appresso voi, che chiamate sapiente l’uomo che lesse
in maggior numero grammatiche o logiche d’Aristotele od altri autori, e
quindi volendo comporre un sapiente de’ vostri paesi si addomanda unicamente
un’ostinata fatica ed un servile travaglio di memoria che abituano l'uomo
all’inerzia, perchè non stimolato ad addentrarsi nelle cognizioni delle cose, e
contento di possedere un ammasso di parole, avvilisce l’anima, affaticandola
sopra morti segni…
T. Campanella , La città del sole
Al Gran Maestro, che gli chiede come sia
possibile per un uomo possedere tanta sapienza quale quella richiesta al Sommo
Sacerdote, il Genovese risponde che la vera sapienza non è quella erroneamente
creduta dagli uomini, che ritengono consista nell’apprendere un’infinità di
nozioni: se così intesa, essa è inutile e faticoso lavoro che produce solo sterile erudizione (ammasso di parole
che avvilisce l’anima, affaticandola sopra morti segni); la sapienza
vera è nel ragionamento critico che, addentrandosi nelle cognizioni delle cose, ne coglie l’essenza, ne svela le
origini e le spiega.
Un governante sapiente opera secondo
giusto discernimento, non cade nell’ errore di scelte dannose per
la collettività come invece accade presso gli uomini, che affidano il potere a
chi è oltremodo ignorante ma è stimato abile perché vanta parentele
illustri o è sostenuto dalla prepotenza di un partito.
Giungere alla sapienza è percorso che per i
Solari inizia poco dopo la nascita: a Taprobana i fanciulli rimangono presso la propria madre, che
li allatta in case comuni, fino all’età di tre anni quando, se femmine vengono
affidate alle cure di maestre, ai maestri se maschi. Ed allora
cominciano quasi per divertimento ad imparare gli alfabeti, a spiegare i
dipinti, ad esercitarsi alla corsa, alla lotta, quindi a studiare le storie
esposte dalle pitture, e le differenti lingue, acquisendo così le prime
conoscenze tanto nelle arti meccaniche che in quelle speculative.
Alla nascita, i nomi non
sono imposti a caso, ma in base alle specifiche caratteristiche individuali,
pertanto uno si chiama Bello, un altro Nasone, un altro ancora Magro, ecc.
Quando poi Nasone o Bello o altri brilli in qualche arte, al primo nome viene
aggiunto quello dell’arte in cui eccelle.
Nella città del Sole,
non esiste la paura: non spaventa la guerra perché in generale essa è limitata
ai soli casi in cui la città debba difendersi da attacchi esterni, non è temuta
la morte perché tutti credono all'immortalità dell’anima.
Credono all'immortalità
dell’anime, ed alla loro associazione dopo la uscita dal corpo cogli angeli
buoni o cattivi, secondo le azioni della presente vita, e questo perchè le cose
simili amano i loro simili. Differente della nostra è la loro opinione intorno
ai luoghi delle pene e dei premj. Dubitano se esistano altri mondi fuori del
nostro. Credono mentecatto chi asserisce essere il vuoto, perché dicono che
esso non può esistere né dentro né fuori del mondo, e Dio, ente infinito, non
tollerare con sé un vuoto…
T. Campanella, La città del sole
Lasciato con la morte il
corpo che la ospita, l’anima vive in altra forma, andando a congiungersi con
angeli o demoni, secondo le azioni compiute in vita.
È sciocco –
mentecatto- chi crede nell’esistenza di un mondo altro da quello
terreno, è altresì errata l’idea di chi pensa esserci il vuoto al di
fuori del mondo, poiché Dio, che è Ente in sé completo e infinito, non ammette
il vuoto.
Città
come nessun'altra, la città del sole è speciale soprattutto perché i suoi
abitanti condividono tutto: non c’è chi possieda più di un altro e poiché
ciascuno ha oltre il necessario, gode eziandio di quanto può dilettare la vita,
pertanto non conosce invidia né gelosia; per lo stesso motivo tra i Solari non è invalsa quella sordida
costumanza
- tipica degli uomini- di
mantener servi, poiché a Taprobana ciascuno basta a se
stesso.
Ed io non posso esprimerti quanto disprezzo facciano di noi
che chiamiamo ignobili gli artefici, e nobili quelli che, non sapendo fare cosa
alcuna, vivono nell’ozio, e sacrificano tanti uomini, che, chiamati servi, sono
istrumenti d’ogni pigrizia e lussuria. Dicono quindi non doversi fare
meraviglia se da queste case, scuole di ogni bruttura, escano caterve di
intriganti e malfattori, con infinito danno della cosa pubblica.
Affermano inoltre che la
povertà è la principale cagione che rende gli uomini vili, furbi, fraudolenti,
ladri, intriganti, vagabondi, bugiardi, falsi testimoni, ecc., e che la
ricchezza produce insolenti, superbi, ignoranti, traditori, presuntuosi, falsari,
vanagloriosi, egoisti, ecc.; ed al contrario la comunità colloca gli uomini in
una condizione al medesimo tratto ricca e povera. Sono ricchi perchè godono
d’ogni necessario, sono poveri perché non possedono nulla, e nel tempo medesimo
non servono alle cose, ma le cose obbediscono ad essi…
T. Campanella, La città del sole
Affermano inoltre che la povertà è la principale cagione che rende gli uomini vili, furbi, fraudolenti, ladri, intriganti, vagabondi, bugiardi, falsi testimoni, ecc., e che la ricchezza produce insolenti, superbi, ignoranti, traditori, presuntuosi, falsari, vanagloriosi, egoisti, ecc.; ed al contrario la comunità colloca gli uomini in una condizione al medesimo tratto ricca e povera. Sono ricchi perchè godono d’ogni necessario, sono poveri perché non possedono nulla, e nel tempo medesimo non servono alle cose, ma le cose obbediscono ad essi…
I Solari nutrono disprezzo per
chi denigra il lavoratore ed esalta l’ozioso nobile, il quale ha
bisogno di servi perché incapace di fare alcunché: solo in una società in cui
tutti -lavorando- si adoperino in egual misura per il bene della collettività
c’è giustizia e coesione, mentre le società fondate sulla disuguaglianza tra
chi possiede troppo e chi troppo poco, dunque sull’ingiustizia dello
sfruttamento di alcuni su altri, sono fragili e facilmente esposte al rischio
di disordini.
La portata
rivoluzionaria dell’utopismo
A differenza del realismo, che dall’analisi di concrete situazioni contingenti giunge a suggerire soluzioni ad hoc, quindi necessariamente parziali, l’utopismo è il rifiuto radicale dello status quo. Al mondo così com'è, gli utopisti oppongono il modello del mondo che dovrebbe essere: una società a misura d'uomo -di tutti gli uomini- in cui non esista la disuguaglianza; l’educazione liberi dal pregiudizio e dall'asservimento; il lavoro e l'impegno valgano più della nascita; i governanti abbiano la necessaria saggezza e s'impegnino per il bene comune; gli individui, liberi dalla paura e dall'egoismo, interrompano finalmente le lotte fratricide e si riconoscano in quanto uomini.
Un mondo possibile.