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Dante di Destra? Colossale sciocchezza



In certi ambienti della cultura e della politica italiane da un po’ di tempo corre voce che Dante sia da considerare l’iniziatore del pensiero di Destra: lo afferma con orgoglio l’attuale Ministro della cultura Gennaro Sangiuliano in una lettera al Corriere della Sera in data 15.01.2023. 

Poi, in parte correggendo il tiro, il ministro aggiunge: "È vero: destra e sinistra non sono categorie dell'età di Dante [...]. Si sono formate attorno alla Rivoluzione francese. Per questo, forse, se lo si preferisce, si può definire Dante un conservatore".

Pressoché dello stesso avviso, il dimissionario sottosegretario alla cultura e già critico d’arte Vittorio Sgarbi su Libero afferma "Dante manifesta una posizione molto chiara che potremmo definire di destra [...] Dante Alighieri era un monarchico, un assolutista. La Monarchia non può essere certo definita una forma politica di sinistra".


Dante: né di destra né di sinistra


Al tempo di Dante la lotta politica si polarizzava attorno ai Guelfi e ai Ghibellini.


I termini “guelfi” e “ghibellini” furono in Italia importati dalla Germania dove nel XII secolo indicavano le opposte fazioni che si contendevano la corona imperiale, i principi della Baviera da una parte e quelli di Svevia dall’altra. Quando nel Duecento i due termini si diffusero in Italia, essi andarono ad indicare i difensori dell’autonomia dei Comuni dal potere imperiale (i Guelfi, appoggiati dal papa) e i sostenitori dell’Impero (i Ghibellini).


Nel Basso Medioevo, Imperatore e Papato/Chiesa -le due istituzioni universalistiche- si scontrarono in una lotta senza quartiere nel tentativo di affermare ciascuno la propria supremazia sull’altro, così i due termini guelfi e ghibellini finirono con l'indicare i sostenitori dell’una o dell’altra parte: i Guelfi sostenevano il papa, i ghibellini appoggiavano l’imperatore.

 
Alla fine del XIII secolo, a Firenze i Guelfi si divisero in Bianchi (filoimperiali) e in Neri (filopapali), guidati rispettivamente dalla famiglia dei Cerchi e da quella dei Donati.


Dante era un guelfo bianco, non era di destra né di sinistra perché non poteva esserlo, considerando che all’epoca non esisteva né l’una né l’altra e che entrambe faranno la loro comparsa soltanto nell’Italia post-unitaria: applicare a Dante categorie ideologico-politiche di là da venire è operazione antistorica, forzatura priva di senso.

 
In quanto guelfo bianco, Dante era certamente filoimperiale. 

Con il De Monarchia Dante, intervenendo nel dibattito tre i teorici della supremazia pontificia -all’epoca era papa Bonifacio VIII- e i fautori della superiorità dell’Imperatore, afferma: 

1. la necessità della monarchia, 

2. l’autonomia dell’autorità imperiale dalla chiesa.


Ora, se essere fautori di una monarchia forte significa essere di destra, come sostiene Sgarbi, in base allo stesso ragionamento battersi per l’indipendenza dei due poteri -Impero e Papato- nel netto rifiuto della teocrazia dovrebbe essere considerato di sinistra o quantomeno una posizione liberal-progressista, ma sarebbe anche questa una sciocchezza. Lo sottolinea Corrado Augias che su Repubblica il 15.01.23 scrive " [...] "Se volessimo a nostra volta tirare il poeta per i capelli potremmo dire che Dante anticipa l'idea di uno stato laico quasi anticipando Cavour: libera chiesa in libero stato. Ma sarebbe un non senso pari a quello di considerarlo di destra".
 
Dante e il principio di nazionalità


Che Dante sia da considerare il padre della Nazione Italia è idea vecchia, una vecchia idea anti-storica secondo Marco Santagata, che in un’intervista rilasciata nel 2020 al giornalista Nicola Mirenzi dice “Sono centinaia gli intellettuali che hanno raccontato Dante come l’eroe nazionale. Ma è un ritratto falso. Per Dante, l’Italia non esisteva. Nel suo tempo, che era il Medio Evo, esistevano tante piccole formazioni politiche che si facevano la guerra tra loro. L’idea dello stato nazione è nata secoli dopo, e non poteva rientrare nell’orizzonte dantesco. Dante aveva in mente l’Impero: un’istituzione sovranazionale che doveva garantire la pace, la prosperità e la sicurezza di tutti i cristiani. Ma che vuole, nella storia succede continuamente che si prendano i fatti culturali e li si rileggano alla luce delle esigenze del momento”.
 
Per Dante dunque la Nazione Italia non esisteva come non esisteva per nessuno nel Medioevo: l’Italia era un mosaico di stati regionali spesso in conflitto tra loro, tante Italie ciascuna con il proprio sovrano, una propria identità storica, una propria lingua, un proprio esercito. Il senso d’appartenenza del singolo era limitato alla comunità cittadina-regionale: Dante pertanto non poteva che sentirsi solo fiorentino -al massimo toscano-, un fiorentino/toscano suddito dell’impero, certamente non un italiano.

 
Dante reazionario?

 
Dante non fu nemmeno un reazionario: la sua idea di libertà, l’idea della conoscenza che, come nel folle volo di Ulisse supera barriere e confini, l’idea che la nobiltà non è nella schiatta ma prerogativa dell’animo sono concetti tutt’altro che reazionari.
«Dante è un uomo profondamente libero, si inventa il nobile castello dove mette gli spiriti magni, e fra Aristotele, Democrito e Averroé c’è anche Saladino, perché secondo lui si può operare per il bene pur senza avere la fede cristiana. E questo è un grande pensiero laico...Al massimo uno potrebbe dire che è un cristiano eretico».
Luciano Canfora, La Stampa, 16.01.2023