Introduzione: cenni biografici
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U. Saba |
Umberto Saba (il suo vero cognome era Poli), triestino come Svevo, come lui assimilò quella cultura mitteleuropea che aveva espresso intellettuali come Nietzsche e Freud.
Condusse un’esistenza
piuttosto semplice-sia pure non priva di sofferenze- lontana dai clamori della
mondanità che tanto amava e ricercava D’Annunzio.
Dopo un breve soggiorno a
Firenze (1905) dove ebbe modo di frequentare l’ambiente dei Vociani, nel 1908
fu a Salerno per il servizio militare. Rientrato a Trieste alla fine della
Prima guerra mondiale, cui aveva partecipato con incarichi amministrativi,
acquistò la libreria antiquaria in cui lavorò per tutta la vita.
L’emanazione delle leggi razziali da parte del governo fascista (1938) lo costrinse (Saba era di origine ebraica) a lasciare l’Italia, dove rientrò alla fine del conflitto. Nel 1954 ricevette la laurea honoris causa dall’Università di Roma. Morì a Gorizia nel 1957.
Psicanalisi e poetica
Per i primi tre anni della sua vita, Saba conobbe un unico affetto: quello della balia alla quale la madre Felicita Cohen, incapace di prendersene cura, lo aveva affidato subito dopo la nascita. Quando la mamma biologica lo rivolle presso di sé, la traumatica separazione dalla balia gli procurò un dolore lacerante, così come è descritto dallo stesso Saba ne il Piccolo Berto (compreso nella 2a sezione del Canzoniere).
I traumi vissuti nell’infanzia esplosero con violenza nel Saba adulto, manifestandosi in un malessere psichico così profondo da indurlo a ricorrere alla terapia psicanalitica e ad affidarsi alle cure del dottor E. Weiss, discepolo di Freud.
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Sigmund Freud |
La
psicanalisi, pur non guarendolo completamente, fu fondamentale per la vita
e la poetica di Saba, perché-assieme alla filosofia di Nietzsche- gli fornì una
chiave di lettura di sé e del mondo, un metodo d’indagine
sulla psiche e sulla realtà che gli permise di scavare sotto la superficie
delle cose e fare chiarezza su se stesso e sul
mondo.
Tutta la sua opera, sia le poesie raccolte nel Canzoniere che
le opere in prosa come Scorciatoie e raccontini o il romanzo
incompiuto Ernesto, è attraversata dal bisogno di andare alla radice
delle cose per meglio comprenderle: sentimenti, comportamenti, fenomeni
culturali (a questo riguardo, rinvio a Scorciatoie e raccontini),
banali aspetti della vita quotidiana, persino lo sport… tutto Saba indaga e analizza
attraverso la lente della psicanalisi e della filosofia di Nietzsche.
La
psicanalisi, pur non guarendolo completamente, fu fondamentale per la vita
e la poetica di Saba, perché-assieme alla filosofia di Nietzsche- gli fornì una
chiave di lettura di sé e del mondo, un metodo d’indagine
sulla psiche e sulla realtà che gli permise di scavare sotto la superficie
delle cose e fare chiarezza su se stesso e sul
mondo.
Tutta la sua opera, sia le poesie raccolte nel Canzoniere che
le opere in prosa come Scorciatoie e raccontini o il romanzo
incompiuto Ernesto, è attraversata dal bisogno di andare alla radice
delle cose per meglio comprenderle: sentimenti, comportamenti, fenomeni
culturali (a questo riguardo, rinvio a Scorciatoie e raccontini),
banali aspetti della vita quotidiana, persino lo sport… tutto Saba indaga e analizza
attraverso la lente della psicanalisi e della filosofia di Nietzsche.
Il Canzoniere (1921-1961) è senz’altro l’opera più rappresentativa della poetica di Saba. Suddivisa in sezioni, segue un ordine cronologico, configurandosi così come il percorso di un’anima alla ricerca di risposte: Saba rivive il proprio passato (il rapporto conflittuale con la madre, quello con il padre conosciuto all’età di 20 anni, il rapporto con la moglie, l’affetto per la balia) alla ricerca delle cause del proprio malessere e ci regala poesie come “A mia moglie”, “Mio padre è stato per me l’assassino”, “Preghiera per la madre”, “Tre poesie per la balia” ecc
La riflessione su se stesso, tuttavia,
diventa man mano riflessione sull’umanità intera: Saba giunge alla
consapevolezza che il proprio dolore è anche il dolore di tutti, è la legge
universale della vita (vedi “La capra”) con le sue contraddizioni, la sua precarietà, i suoi
lati oscuri. Fare del vittimismo non è la soluzione, il dolore va accettato proprio
come fa il poeta dell'omonima poesia, che non si lascia scoraggiare
dall’avvicendarsi delle stagioni, accetta la vita così com’è, con la sua
precarietà, le sue contraddizioni, la sua sofferenza e la racconta per ciò che
è.
Non solo Canzoniere: Scorciatoie e raccontini
Scorciatoie e
raccontini è una
raccolta di brevi prose pubblicata nel 1946.Come il Canzoniere, l’opera
nasce dal bisogno di comprendere le ragioni profonde delle cose. A titolo
esemplificativo, si legga il seguente estratto dal raccontino "L'uomo nero".
Al tempo degli spezzatini di reni, e quando i reni che si dovevano spezzare e mangiare erano quelli del Negus, mi accadde di passare, un giorno .. davanti a una scuola, per l'occasione chiusa e imbandierata. Gli studenti.... manifestavano, sotto la guida degli insegnanti, il loro incontenibile entusiasmo patriottico ...alla grida di «Morte al Negus», di «Morte al leone di Giuda»...... Alcuni di quelli spiritosi ragazzi erano però rimasti .... fuori delle file... .....Due o tre erano, nell'episodio che sto per raccontare, comparse; il protagonista era un ragazzo bruno. Egli si dilettava a disegnare rapidamente in terra col carbone una caricatura del Negus. Deformava in pochi tratti maestri le odiate sembianze…... Ma perché, in quel povero ragazzo, tanto odio per il Negus? E perché, se tanto l'odiava, ne aveva anche tanta paura? Mi soccorre - a risolvere il piccolo problema - un'idea; forse un ricordo. Il Negus.... era bene una figura adatta a far rivivere - nell'inconscio degli uomini - un'immagine minacciosa ai fanciulletti: quella dell'uomo nero. L'analisi del nostro spaventato caricaturista - e di molti altri più grandi, e forse più spaventati, di lui - dovrebbe incominciare qui. Ma è qui che la interrompo. Se no, non sarebbe più un raccontino.