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Crepuscolarismo. La signorina Felicita


Crepuscolarismo, le caratteristiche


Contemporaneamente al Futurismo, si costituì in Italia un gruppo di poeti anch’essi alternativi alla tradizione, che lo scrittore e critico letterario Antonio Borgese in un suo articolo definì crepuscolari perché autori di una poesia più modesta, se paragonata ai fasti di Carducci o D’Annunzio.


Indipendentemente dal giudizio critico formulato da Borgese, che riduce la portata artistica del movimento, certamente la poesia crepuscolare si caratterizza per la scelta di temi semplici (la solidità degli affetti, la genuinità del mondo contadino, la dedizione con cui la massaia si prende cura della casa) lontani dai grandi ideali della tradizione; per uno stile disadorno e privo di preziosismi; per le atmosfere spente -crepuscolari appunto- di una vita colta nel grigiore della routine quotidiana.


Crepuscolare/spento è il poeta stesso, che rifiutando polemicamente il ruolo di intellettuale colto e un po’ snob nella sua pretesa di accedere a verità assolute, propone di sé l’immagine antieroica di un uomo semplice, che non ha l’ambizione di cambiare il mondo impegnandosi in imprese di dannunziana memoria, non coltiva grandi ideali, ma si ritira in disparte e osserva malinconicamente il mondo.

 

Guido Gozzano, La signorina Felicita


La Signorina Felicita di Guido Gozzano (1883-1916) è uno dei più chiari esempi di poesia crepuscolare.

 

Signorina Felicita, a quest’ora

scende la sera nel giardino antico

della tua casa. Nel mio cuore, amico
scende il ricordo. E ti rivedo ancora,
e Ivrea rivedo e la cerulea Dora
e quel dolce paese che non dico.
Signorina Felicita, è il tuo giorno!
A quest’ora che fai? Tosti il caffè:
e il buon aroma si diffonde intorno?
O cuci i lini e canti e pensi a me,
all’avvocato che non fa ritorno?
E l’avvocato è qui: che pensa a te.
Pensa i bei giorni d’un autunno addietro,
Vill’Amarena a sommo dell’ascesa
coi suoi ciliegi e con la sua Marchesa
dannata, e l’orto dal profumo tetro
di busso e i cocci innumeri di vetro
sulla cinta vetusta, alla difesa…
[…]
 
Sei quasi brutta, priva di lusinga
nelle tue vesti quasi campagnole,
ma la tua faccia buona e casalinga,
ma i bei capelli di color di sole,
attorti in minutissime trecciuole,
ti fanno un tipo di beltà fiamminga…
E rivedo la tua bocca vermiglia
così larga nel ridere e nel bere,
e il volto quadro, senza sopracciglia,
tutto sparso d’efelidi leggiere
e gli occhi fermi, l’iridi sincere,
azzurre d’un azzurro di stoviglia…
Tu m’hai amato. Nei begli occhi fermi
rideva una blandizie femminina.
Tu civettavi con sottili schermi,
tu volevi piacermi, Signorina:
e più d’ogni conquista cittadina
mi lusingò quel tuo voler piacermi!
[…]
[…]
«Tutto mi spiace che mi piacque innanzi!
Ah! Rimanere qui, sempre, al suo fianco,
terminare la vita che m’avanzi
tra questo verde e questo lino bianco!
 

La scena rappresentata è di ordinaria quotidianità: il poeta ricorda un tempo passato, quando era solito recarsi a villa Amarena per incontrare la signorina Felicita.


La rivede com’era allora, tranquilla e rassicurante mentre tostava il caffè, semplice nelle vesti da campagnola, quasi brutta per la faccia squadrata priva di sopracciglia, ma bella per genuinità.


Ingenuamente civettuola, Felicita lasciava che lui la corteggiasse, immaginando un futuro di felicità al suo fianco.

 

Il testo contiene tutti gli elementi tipici della poesia crepuscolarel’ambiente che fa da sfondo alla scena è villa Amarena ad Agliè in Piemonte, un edificio fatiscente sul cui muro di cinta abbondano i cocci di vetro (i cocci innumeri di vetro /sulla cinta vetusta, alla difesa…)

 

Felicita, nella sua quasi bruttezza ma dagli occhi limpidi come le stoviglie (come si sarebbe espresso D’Annunzio…??) è il capovolgimento dello stereotipo femminile di sensualità e bellezza.

Gli oggetti che popolano la scena sono quelli della banale vita di tutti i giorni.


Lo stile, sia pure non del tutto lontano dalla tradizione per la presenza di versi regolari e un certo gusto per la parola elegante, ha tuttavia l’immediatezza della descrizione che rappresenta ciò che accade in presa diretta.

Infine, a riprova di quanto si diceva poco fa, è tutto crepuscolare il bisogno della semplicità (tu volevi piacermi Signorina: e più d’ogni conquista cittadina mi lusingò quel tuo voler piacermi!) come antidoto alla frivolezza del moderno modo cittadino.


E così, mentre i futuristi urlano il loro disgusto per il passato, sbraitano contro la poesia tradizionale ed esaltano la modernità, i crepuscolari si rifugiano sommessamente nella tranquilla quotidianità delle cose semplici.