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G.PASCOLI-LA POETICA


Il Fanciullino


Giovanni Pascoli

La poesia di G. Pascoli-1855-1912-è tra le più significative del Decadentismo italiano. Per comprenderne pienamente temi e caratteristiche occorre partire dalla riflessione sul saggio Il fanciullino (1897) dove Pascoli illustra la poetica che è alla base di tutta la sua produzione.


Nel saggio Pascoli afferma che in ogni individuo è nascosto un fanciullino musico, vale a dire la capacità di sentire poeticamente e di relazionarsi al mondo con la spontaneità e la naturalezza tipiche dell’infanzia. L’adulto, oppresso dalle responsabilità, oberato dalla fatica quotidiana, dimentica o non ascolta il fanciullino che si porta dentro. Il fanciullino, prosegue Pascoli, si stupisce di fronte alle cose più semplici, guarda tutto con meraviglia come fosse la prima volta, parla con gli alberi e gli animali, piange o ride senza sapere perché, coglie aspetti della realtà che l’adulto, troppo razionale, non riesce a vedere. Il poeta soltanto somiglia al fanciullino, perché in lui la fantasia e l’immaginazione sono vive.


Ne Il Fanciullino sono contenute tanto la visione della vita che la poetica di Pascoli;  Il Fanciullino,  in sostanza, è l’enunciazione-presentazione di tutti i temi presenti nelle poesie pascoliane: l’idea che la razionalità e la scienza non bastino a comprendere la realtà e che, invece, la vera conoscenza è la poesia perché in grado di vedere oltre la superficie delle cose; l’attenzione per le cose semplici, la contrapposizione tra campagna e città; la fuga dalla realtà e la regressione all’infanzia.


Associati a questi temi, numerosi simboli ricorrenti come il “nido” a rappresentare la famiglia, la “culla” a rappresentare l’infanzia, la “siepe” a dare l’idea di uno spazio chiuso e protetto, che lascia fuori la malvagità e il caos del mondo ecc...


Anche le scelte stilistiche operate da Pascoli si spiegano alla luce del Fanciullino: il bambino si esprime in maniera schietta e semplice, non usa artifici retorici, spesso utilizza un’unica parola per esprimere due idee contemporaneamente. Pascoli, appunto, utilizza una lingua e uno stile che ricordano quelli di un fanciullo: usa l’onomatopea, figura retorica con cui vengono riprodotti direttamente, senza mediazioni razionali, suoni e rumori; utilizza l’analogia, figura retorica particolarissima.


L’analogia consiste nell’accostare immagini molto lontane fra loro ma che pure sono accomunate da una relazione nascosta, non immediatamente evidente. I bambini sono maestri nello stabilire nessi analogici
: per loro una mela può essere una casa, un albero può essere associato ad una stella secondo un procedimento del tutto alogico, un pensare per immagini che nulla ha a che vedere con il ragionamento razionale e che per questo disorienta gli adulti.



Un esempio di analogia 

 

E cielo e terra si mostrò qual era:
La terra ansante, livida, in sussulto
Il cielo ingombro, tragico, disfatto

Bianca bianca nel tacito tumulto
Una casa apparì sparì d’un tratto
Come un occhio, che, largo, esterrefatto
Come un occhio, che, largo, esterrefatto
S’aprì si chiuse, nella notte nera


Myricae, Il lampo

 

Nel paesaggio scuro, un lampo illumina all’improvviso una casa bianca che un attimo dopo è di nuovo inghiottita dalle tenebre


Accostando “casa” e “occhio esterrefatto”, Pascoli stabilisce un’analogia (per quanto la presenza del connettivo come possa far pensare ad una similitudine), perché le due realtà nulla hanno in comune: la casa, che è il luogo rassicurante per antonomasia, è associata ad un’immagine inquietante. Proprio per la distanza che separa le due realtà, il senso dell'accostamento risulta di non facile interpretazione. (1)


Tuttavia, chi conosce la biografia di Pascoli, sa che la sua infanzia fu funestata dall’uccisone del padre -nel 1867-: dunque è possibile immaginare che l’associazione analogica tra la casa e l’occhio sbarrato nel buio rinvii a quell’avvenimento luttuoso. Forse quell'occhio terrorizzato nella notte nera è quello di Pascoli bambino. Forse.


La difficoltà di riconoscere l’analogia, a differenza di altre figure retoriche come la metafora o la similitudine, sta tutta nel fatto che l’accostamento tra due immagini è stabilito sulla base di un legame non immediatamente evidente, ma che comunque c’è da qualche parte, occorre saperlo individuare. Se il bambino dice che casa è mela, l’adulto non coglie il nesso, ma se la mela contiene il bruco come la casa ospita la famiglia, un legame, sia pure remoto, esiste.


Insomma, per Pascoli la poesia parla e sente come farebbe un bambino, procede attraverso intuizioni fulminee capaci di scovare significati nascosti.


La poesia di Pascoli è per questo motivo tutt’altro che semplice: se ci si limita ad una lettura frettolosa non la si comprende, perché in Pascoli una cosa o una situazione non è mai solo se stessa ma anche contemporaneamente qualcos’altro, in una fitta rete di connessioni simboliche.


E questo vale per tutte le poesie di Pascoli: che sia Novembre o Il gelsomino notturno, Lavandare o altro, il discorso non cambia
 


(1) Claudio Giunta, Cuori intelligenti vol 3