Il romanzo, composto nel 1903 e diviso in 18 capitoli, è una sorta di diario in cui il personaggio protagonista Mattia Pascal racconta la propria strana storia retrospettivamente, attraverso cioè un lungo flashback.
Mattia Pascal, giovane piuttosto inetto, scopre di essere stato truffato dal Malagna, l’amministratore incaricato di curare gli affari della famiglia, quindi si vendica di lui seducendo la moglie e poi la cugina Romilda; entrambe concepiranno un figlio.
Malagna riconosce come proprio il figlio della moglie ma obbliga Mattia Pascal a nozze riparatrici con Romilda.
Il matrimonio tra i due si rivela un inferno: Mattia Pascal -che intanto lavora come bibliotecario- tollera a fatica quella donna sposata senza amore e detesta la suocera, la vedova Pescatore, petulante e invadente.
Dopo un ennesimo litigio con Romilda, Mattia Pascal parte per Montecarlo all’insaputa di tutti e al casinò vince una cospicua somma di denaro.
Mentre è in treno di ritorno verso casa, legge sulle pagine di un giornale la notizia della propria morte: a Miragno -il suo paese- è stato rinvenuto il cadavere di un annegato e tanto Romilda che la vedova Pescatore hanno riconosciuto in lui (o voluto riconoscere?) il corpo di Mattia Pascal.
È qui che Mattia Pascal decide di dare una svolta alla propria esistenza e di cambiare treno (1) sia letteralmente che metaforicamente: poiché è ufficialmente morto, può approfittare di quell’errore per rifarsi una vita felice altrove.
Da questo momento sarà Adriano Meis.
Dopo un peregrinare attraverso alcune città d’Italia, avvertendo il bisogno di metter radici, si trasferisce a Roma, dove alloggia in una pensione. Qui si innamora di Adriana, la figlia dei proprietari: vorrebbe sposarla, come vorrebbe fare molte altre cose, ma non può perché, privo di identità anagrafica, per la società non esiste. Si accorge così che la sua vita è una gabbia proprio come lo era prima…Non gli resta che tornare a Miragno.
Inscena il suicidio di Adriano, lasciando cappello e bastone sul ponte del Tevere e rientra a Miragno, dove intanto Romilda si è risposata e dove ormai non c’è più spazio per lui: privo di nome e di identità, non gli rimane che vedersi vivere come colui che un tempo è stato Mattia Pascal.
L'Identità e la maschera
Il tema centrale è quello dell’identità: la dicotomia tra ciò che siamo e ciò che la società ci impone di essere, intrappolandoci in maschere e in ruoli che non ci rappresentano, al di fuori dei quali non esistiamo.
Mattia Pascal tenta di sottrarsi alla gabbia della famiglia, alla routine di un lavoro che non lo appaga, fugge dalla società e dalle maschere nell’illusione di poter finalmente essere se stesso. Assunta la falsa identità di Adriano Meis, un’altra maschera forse più costrittiva di quella da cui è fuggito, Mattia Pascal non ha altra scelta che ritornare alla vita precedente, per riappropriarsi di un'identità che gli assicuri di essere riconosciuto come qualcuno, non l'ombra di se stesso.
La vita è un'estenuante e grottesca pupazzata, e il dramma è che non ci sono alternative.
Lo stile
Il narratore è lo stesso protagonista, pertanto il racconto non è oggettivo, è filtrato attraverso la dimensione interiore della memoria e della coscienza di chi narra, in un intrecciarsi continuo di passato (il ricordo) e presente.
La narrazione è di frequente interrotta dal soliloquio, un parlare a se stessi, ma immaginando un altro interlocutore – in questo caso il lettore- di cui si cerca l’approvazione o la complicità.
Il linguaggio ha l’immediatezza giornalistica: periodi brevi e concitati, aggettivazione ridotta al minimo, lessico di uso comune.
(1) cfr, Il
fu Mattia Pascal, cap 7