Neorealismo: origine, caratteristiche
Il Neorealismo nacque durante la Seconda guerra mondiale in ambito cinematografico: mancando mezzi e risorse per costruire i set cinematografici, s'impose la necessità di girare film in presa diretta sul set della vita vera, con le sue città ridotte in macerie e la sua povertà. Il risultato fu straordinario, la vita irruppe con prepotenza in film memorabili come Ladri di biciclette di Vittorio De Sica o Roma città aperta di Roberto Rossellini.
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Roma città aperta
La tendenza alla rappresentazione
della realtà del dopoguerra si spostò successivamente dal cinema alla letteratura, dando vita
ad opere -per lo più romanzi- incentrate sul racconto dell’Italia della lotta partigiana e della Resistenza.
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La migliore definizione di
Neorealismo è quella fornita da Italo Calvino (1923-1985) che,
nella Prefazione alla riedizione del 1964 del suo romanzo Il sentiero dei
nidi di ragno, fa un bilancio sul Neorealismo dopo circa 20 anni e ne
spiega origini e caratteristiche.
Il «neorealismo» non fu una
scuola. (Cerchiamo di dire le cose con esattezza). Fu un insieme di voci, in
gran parte periferiche, una molteplice scoperta delle diverse Italie, anche – o
specialmente – delle Italie fino allora più inedite per la letteratura. Senza
la varietà di Italie sconosciute l’una all’altra – o che si supponevano
sconosciute –, senza la varietà dei dialetti e dei gerghi da far lievitare e
impastare nella lingua letteraria, non ci sarebbe stato «neorealismo». Ma non
fu paesano nel senso del verismo regionale ottocentesco. La caratterizzazione
locale voleva dare sapore di verità a una rappresentazione in cui doveva
riconoscersi tutto il vasto mondo: come la provincia americana in quegli
scrittori degli Anni Trenta di cui tanti critici ci rimproveravano d’essere gli
allievi diretti o indiretti. Perciò il linguaggio, lo stile, il ritmo avevano
tanta importanza per noi, per questo nostro realismo che doveva essere il più
possibile distante dal naturalismo. [...] La Resistenza; come entra questo
libro nella «letteratura della Resistenza»? Al tempo in cui l’ho scritto,
creare una «letteratura della Resistenza» era ancora un problema aperto,
scrivere « Il romanzo della Resistenza» si poneva come un imperativo; a due
mesi appena dalla Liberazione nelle vetrine dei librai c’era già Uomini e no di
Vittorini, con dentro la nostra primordiale dialettica di morte e di felicità;
i «gap11» di Milano avevano avuto il loro romanzo, tutto rapidi scatti sulla mappa concentrica della città;
noi che eravamo stati partigiani di montagna avremmo voluto avere il nostro, di
romanzo, con il nostro diverso ritmo, il nostro diverso andirivieni........ E
allora, proprio per non lasciarmi mettere in soggezione dal tema, decisi che
l’avrei affrontato non di petto ma di scorcio. Tutto doveva essere visto dagli
occhi d’un bambino, in un ambiente di monelli e vagabondi. Inventai una storia
che restasse in margine alla guerra partigiana, ai suoi eroismi e sacrifici, ma
nello stesso tempo ne rendesse il colore, l’aspro sapore, il ritmo..
Italo Calvino, Prefazione da Il sentiero dei nidi di ragno, 1964
Il Neorealismo,
chiarisce Calvino, non fu una scuola letteraria: nessun
manifesto ne segnò la nascita né vennero fissati canoni ai quali attenersi;
esso nacque in risposta ad un’esigenza esistenziale/morale, quella di
testimoniare l’atrocità di una guerra che aveva coinvolto tutti e dare voce ai
tanti che avevano storie da raccontare sulla Resistenza, per averci preso
parte attiva o per esserne stati testimoni.
Per
tutti i neorealisti, il modello di riferimento fu in primo luogo
il verismo verghiano, sia pure rivisitato in un'ottica che ne
superasse il regionalismo e abbracciasse le tante realtà locali
d’Italia, diverse ma vicine nello spirito della lotta antifascista. Importanti
modelli furono anche Vittorini o Pavese; tuttavia, ogni scrittore fu neorealista a modo proprio, ciascuno con il proprio stile e la
propria sensibilità.
Per tutti i neorealisti, il modello di riferimento fu in primo luogo il verismo verghiano, sia pure rivisitato in un'ottica che ne superasse il regionalismo e abbracciasse le tante realtà locali d’Italia, diverse ma vicine nello spirito della lotta antifascista. Importanti modelli furono anche Vittorini o Pavese; tuttavia, ogni scrittore fu neorealista a modo proprio, ciascuno con il proprio stile e la propria sensibilità.
Quanto
a lui, conclude Calvino, nell'accingersi a raccontare la lotta partigiana nel
suo romanzo, decise di adottare una prospettiva che gli consentisse di
affrontare l’argomento non di petto ma di scorcio, attraverso lo
sguardo innocente di un bambino, che rimanendo a margine della
Resistenza -e non coinvolto come parte attiva- potesse restituirne il
clima in maniera spassionata e sincera.
Quanto
a lui, conclude Calvino, nell'accingersi a raccontare la lotta partigiana nel
suo romanzo, decise di adottare una prospettiva che gli consentisse di
affrontare l’argomento non di petto ma di scorcio, attraverso lo
sguardo innocente di un bambino, che rimanendo a margine della
Resistenza -e non coinvolto come parte attiva- potesse restituirne il
clima in maniera spassionata e sincera.
Italo Calvino. Il sentiero dei nidi di ragno.
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