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Il mondo: un’aiuola di ferocia


Guelfi e Ghibellini se le davano di santa ragione; papi e imperatori si affrontavano a suon di insulti; i poveri liberavano la loro rabbia in rivolte sanguinose; i sovrani/gli stati coglievano ogni occasione per scatenare guerre -guerre di successione, guerre di conquista, guerre di difesa ecc.-: insomma, nel XIII secolo Dante aveva le sue buone ragioni quando, osservando il mondo dall’alto della beatitudine eterna (Paradiso, Canto XXII), lo paragonò ad un’aiuola di ferocia. 



La metafora dell’aiuola in realtà compare molto prima che in Dante: precedendo il Sommo di svariati secoli, Seneca la utilizza nelle Naturales quaestiones.


...[7] Tunc consummatum habet plenumque bonum sortis humanae cum calcato omni malo petit altum et in interiorem naturae sinum venit. Tunc iuvat inter ipsa sidera vagantem divitum pavimenta ridere et totam cum auro suo terram, non illo tantum dico quod egessit et signandum monetae dedit, sed et illo quod in occulto servat posterorum avaritiae ...[9] O quam ridiculi sunt mortalium termini! ...[10] Si quis formicis det intellectum hominis, nonne et illae unam aream in multas provincias divident? Cum te in illa uere magna sustuleris, quotiens uidebis exercitus subrectis ire uexillis et, quasi magnum aliquid agatur, equitem modo ulteriora explorantem, modo a lateribus affusum, libebit dicere: «it nigrum campis agmen». Formicarum iste discursus est in angusto laborantium. Quid illis et nobis interest nisi exigui mensura corpusculi? [11] Punctum est istud in quo navigatis, in quo bellatis, in quo regnatis. Ponitis minima, etiam cum illis utrimque oceanus occurrit. Sursum ingentia spatia sunt, in quorum possessionem animus admittitur, et ita si secum minimum ex corpore tulit, si sordidum omne detersit et expeditus levisque ac contentus modico emicuit.
Seneca, Naturales quaestiones
 
L’esortazione di Seneca è a modificare il punto di vista sulle cose individuando le giuste priorità: la Verità, il Bene, la libertà della mente e dell’anima.
L’anima consegue il Bene quando, liberatasi dai lacci delle passioni, è in grado di librarsi al di sopra delle futilità umane. Allora, 
muovendosi leggera lassù tra gli astri, gode nel deridere tutto l'oro della terra e finalmente vede il mondo per ciò che è: un misero punto in cui gli uomini arraffano quel che possono e se lo contendono con le armi; gli eserciti marciano a vessilli spiegati mentre i cavalieri ora procedono in avanscoperta, ora si spingono ai lati con la solerzia di chi fa cosa importante; gli uomini si agitano febbrilmente affaccendati come formiche. Se qualcuno desse alle formiche cervello umano, anch’esse intraprenderebbero guerre, dividerebbero il formicaio in province, segnerebbero confini, innalzerebbero barriere.

Punctum est istud in quo navigatis, in quo bellatis, in quo regnatis. Ponitis minima, etiam cum illis utrimque oceanus occurrit: il mondo in cui si naviga, si lotta, si fondano regni non è che un punto piccolissimo e insignificante; il Senso è più in alto, nello spazio immenso dove l’aria si fa pura e l’anima è libera

 

Che il mondo sia angustissima area, uno spazio ben più ristretto di quanto si ami credere, è idea presente in Boezio (VI secolo).
 

Tutto il circuito della terra, come tu sai per le dimostrazioni degli astrologi, ha ragione verso lo spazio del cielo d'un punto, cioè che egli, se s'agguagliasse e paragonasse alla grandezza del globo o tondo celestiale, non ha spazio o grandezza nessuna; e di questa regione mondana tanto piccola quella, che s'abita da animali conosciuti da noi, è, come tu sai per le pruove di Tolomeo, a pena la quarta parte. Se tu a questa quarta parte leverai colla immaginazione tutto quello che ne ingombrano i mari e le paludi, e quanto si distende quel paese il quale per lo troppo calore è diserto e disabitato, a pena rimarrà agli uomini una strettissima ajuola per abitare. Voi dunque, attorniati e racchiusi in questo picciolissimo quasi punto d'un punto, pensate a divolgare la fama e prolungare il nome vostro? E che cosa può avere o grande o magnifica quella gloria, la quale in sì stretti confini e sì piccioli limitata e ristretta sia? 

Boezio, De consolatione philosophiae, Libro II, Prosa VII
 

Chi parla è Filosofia. 

Presentatasi in soccorso di Boezio, che disperato attende di essere giustiziato, Filosofia lo guida in una riflessione che fa luce su ciò che conta (Dio, il Bene, la Giustizia) e ciò che non ha valore (la ricchezza, il potere, la gloria)

Il mondo, -queste le parole di Filosofia- è poca cosa se raffrontato all’universo, ma si riduce a piccola aiuola quando si consideri che ne è abitata solo una minima parte. Eppure, racchiusi in questo picciolissimo quasi punto d'un punto, divorati dall’ambizione gli uomini si dibattono inseguendo la fama: la sognano grande e magnifica, la ottengono necessariamente piccolissima perché non grande né magnifica è la gloria che sia ristretta in sì piccioli confini.


Pascoli attinge forse a Boezio quando nella strofa conclusiva della poesia X Agosto paragona il mondo ad un atomo offuscato dal Male?

E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d’un pianto di stelle lo inondi
quest’atomo opaco del Male!
 
Segnato dalla morte del padre che era stato assassinato in circostanze mai chiarite, Giovanni Pascoli matura una visione della vita improntata a cupo pessimismo: il mondo diventa così un puntino di materia -un atomo- oscurato dal dolore, dalla morte, dalla malvagità degli uomini...
 


Ora, osservare le cose da altra prospettiva può servire a vederle meglio
: se immaginassimo il mondo dall’alto, non vedremmo la stessa infinitesimale parte di materia, lo stesso frenetico e inutile brulicare di formiche descritto da Seneca o raccontato da Boezio, la stessa piccolissima striscia di terra contesa tra popoli confinanti?

E i grandi amori, i grandi odi, i grandi ideali in nome dei quali grandi uomini compiono grandi imprese: tutto ridicolmente piccolo...