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Il nemico: se non c’è, occorre inventarlo.
I più barbari tra i barbari, gli Unni di
Attila: lo storico romano Ammiano Marcellino li descrive brutti, curvi, tarchiati,
rozzi, crudeli, sporchi, infidi, incostanti, avidi e assolutamente incapaci di
discernere il bene dal male (cfr, Ammiano, Res Gestae, XXXI,2.); mentre il loro re Attila,
nelle Cronache dell’Anno mille di Rodolfo il Glabro (X secolo) è gobbo,
di bassa statura, sporco, fronte rugosa, collo esile, labbra gonfie, mento
affilato, barba caprina, orecchie a punta e, dettaglio fondamentale, di
carnagione scura (cfr, Cronache V, 2).
Tra gli stranieri,
quello perfetto per essere additato come il nemico portatore di inciviltà, è il
negro:
Altrettanto eloquentemente -lo ricorda U. Eco nel succitato saggio-l’Encyclopaedia Britannica
recita come segue:
Nel luglio del 1348, nel Delfinato gli ebrei sono accusati di avvelenare i pozzi e le fontane per diffondere la peste tra i cristiani. Sotto tortura, gli accusati confessano ciò che non hanno commesso. Analoghe confessioni in Savoia, in Svizzera, in Francia, in Italia delineano il quadro di un -presunto- complotto ai danni della cristianità e la responsabilità ricade su tutti gli ebrei, compresi i bambini.
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