Letteratura

T. S. Eliot, la poesia della desolazione e della crisi


La terra desolata


Americano di nascita e inglese di adozione, Thomas Stearn Eliot (1888-1965), premio Nobel nel 1948, oltre che autore di saggi e opere teatrali, è stato soprattutto poeta.


La sua opera poetica più significativa è La terra desolata, un poemetto in versi suddiviso in cinque parti che rivisita in chiave moderna la vicenda del Sacro Graal. La “terra desolata” che nel ciclo di re Artù è il paese colpito da una maledizione che inaridisce la vita-le piante non germogliano, gli animali non si riproducono e tutto si spegne- è in Eliot non solo il mondo moderno banale, alienato e ipocrita, ma la realtà in generale; e come Parsifal della leggenda è alla ricerca del sacro Graal, così l’io lirico è alla ricerca di un senso, in un peregrinare attraverso spazi e tempi in cui passato e presente s’intrecciano e si mescolano.

Si legga il seguente estratto dalla prima parte del poema 


La città irreale

Città irreale,
sotto la nebbia marrone d’un alba d’inverno
la gente si riversava su London Bridge, tanta
ch’io non avrei mai creduto che la morte tanta n’avesse disfatta.
Sospiri corti e rari, ne esalavano
E ognuno fissava gli occhi davanti ai suoi piedi.
Affluivano sulla salita, e giù per King William Sreet,
fin dove Saint Mary Woolnoth segnava l’ore
con suono sordo sull’ultimo tocco delle nove.
Là io vidi uno che conoscevo, e lo fermai gridando: “Stetson!
Tu che eri con me sulle navi a Mylae!
Quel cadavere che l’anno scorso hai piantato nel tuo giardino
ha cominciato a germogliare? Fiorirà quest’anno
o l’improvvisa brinata ha disturbato la sua aiuola?
Oh, tien lontano di qui il cane, che è amico all’uomo,
o con le sue unghie lo metterà allo scoperto!
Tu! Hypocrite lecteur!-mon semblable-mon frère!

 

Il testo riportato è compreso ne “La sepoltura dei morti”, la prima sezione dell’opera.


Eliot descrive la folla anonima e frustrata che si trascina al lavoro nel cuore di Londra in una mattina oppressa da nebbia greve e scura. È una folla così numerosa e alienata da ricordare i dannati dell’Inferno dantesco, in particolare gli ignavi che Dante descrive nel Canto III 1.


Tra la folla, l’io lirico individua un conoscente, certo Stetson, già incontrato in un lontano passato (il riferimento è alla prima guerra punica e alla battaglia di Mylae-Milazzo nel 260 a.C.) al quale chiede se il cadavere seppellito nel suo giardino stia adeguatamente concimando la terra o se la gelata invernale abbia compromesso tutto. Lo invita quindi a tenere il cane lontano da lì, perchè, scavando, potrebbe disseppellire il morto. La poesia termina significativamente con una citazione dalla poesia introduttiva all’opera I Fiori del male, di C. Baudelaire: “Tu! lettore ipocrita! Mio simile-mio fratello!”


Il senso della citazione è chiaro, trattandosi di atto di accusa verso l’ipocrisia dilagante nel mondo moderno, mentre la metafora del cadavere è piuttosto ostica ed è stata variamente interpretata: l’ipotesi più verosimile è che con l’immagine del cadavere sepolto in giardino Eliot voglia alludere alla ricchezza che la borghesia inglese ha costruito sullo sfruttamento coloniale. Tuttavia, l’intersecarsi dei due differenti piani temporali-presente e passato, con il riferimento alle guerre puniche-, conferisce carattere di universalità all’esperienza umana e alla Storia: la Londra grigia del lavoro negli uffici, ripetitivo e alienante, diventa metafora dell'esistenza umanaStetson è l’uomo moderno ma insieme è l'uomo del passato (stessa ipocrisia, stessa ignavia) il cadavere che egli ha seppellito nel proprio giardino è il sacrificio che da sempre la Storia chiede ad alcuni a vantaggio di altri.


Eliot come Montale

L’opera di Eliot, dunque, va collocata (e non solo cronologicamente) nell’alveo di quella letteratura che ha raccontato il vuoto esistenziale dell'uomo e che in Italia ha trovato espressione  nell'opera di Montale (contemporaneo a Eliot): con Montale il poeta inglese condivide temi come quello della separazione dell’io dalla realtà; il senso di isolamento/spaesamento che ne scaturisce; la desolazione esistenziale; la critica all’ipocrisia del mondo moderno.


L' affinità con Montale, tuttavia, non si limita alla tematiche ma è anche in quella  "poetica dell'oggetto" che consiste nell'utilizzo di un oggetto, eventi o catena di eventi (correlativo oggettivo) che, per le loro caratteristiche, sono in grado di evocare immediatamente un'emozione o una particolare condizione esistenziale.



 

(1)

E io, che riguardai, vidi una ’nsegna
che girando correva tanto ratta,
che d’ogne posa mi parea indegna;
 
e dietro le venìa sì lunga tratta
di gente, ch’i’ non averei creduto
che morte tanta n’avesse disfatta.


Dante, Canto III Inferno, Divina commedia

 

 


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