Letteratura

L’ironia di Oscar Wilde. L’importanza di chiamarsi Ernesto



Autore de Il ritratto di Dorian Gray, storia del dandy/esteta più inquietante del Decadentismo europeo, Oscar Wilde (1854-1900) si cimentò anche in generi senz’altro più leggeri.


È il caso del romanzo breve Il fantasma di Canterville, gustosa storia black-fantasy sulle peripezie di un povero fantasma che invano tenta di mettere in fuga la famigliola che ha appena acquistato l’abitazione in cui lui aleggia da secoli.


È anche il caso della commedia in tre atti L’importanza di chiamarsi Ernesto.


L'importanza di chiamarsi Ernesto


Scritta nel 1894, la commedia fu accolta con perplessità da critica e pubblico.


L’opera, dalla trama piuttosto scarna, mette in scena manie e pregiudizi della società aristocratica del tempo.


Il personaggio protagonista è Jack Worthing,
Jack è figlio adottivo di Thomas Cardew che lo ha trovato appena neonato in una borsa da viaggio presso la stazione di Londra.

Alla morte di Cardew, Jack è nominato tutore della giovane nipote Cecyl, che vive in campagna.

La tranquilla vita di campagna non è adatta a Jack, che non intendendo rinunciare alla mondanità cittadina, inventa l’esistenza di un fratello sciagurato che vivrebbe a Londra, dove così può andare a divertirsi senza destare sospetti.

In città, dove si fa chiamare Ernesto (nome la cui pronuncia in inglese ricorda quella dell’aggettivo earnestonestoJack frequenta l’amico Algernon e grazie a lui ha modo di conoscere lady Gwendolen, della quale s’innamora.

 
La ragazza mostra di gradire le attenzioni di -Jack-Ernesto.
 
JACK - Deliziosa giornata, vero, signorina Fairfax?
GWENDOLEN - La prego di non parlarmi del tempo, signor Worthing. Ogniqualvolta qualcuno mi parla del tempo, ho sempre la precisa sensazione che intenda parlare d’altro. E questo mi rende molto nervosa.
JACK - Io intendo infatti parlare d’altro.
GWENDOLEN - Lo sapevo. Non sbaglio mai.
JACK - E vorrei anzi mi si concedesse di approfittare della temporanea assenza di Lady Bracknell...
GWENDOLEN - Io le consiglierei di approfittarne senz’altro. Mammà ha un suo modo così improvviso di rientrare in una stanza che spesso ho dovuto farglielo notare.
JACK (nervosamente) - Signorina Fairfax, sin da quando l’ho incontrata io ho nutrito per lei un’ammirazione superiore a quella per qualsiasi donna... 
GWENDOLEN - Si, me ne rendo perfettamente conto. E vorrei tanto che se non altro in pubblico lei lo dimostrasse un po’ di più. Lei ha sempre dimostrato su di me un fascino irresistibile. Ancor prima che ci conoscessimo io ero tutt’altro che indifferente nei suoi riguardi.
(Jack la guarda stupefatto.)
Noi viviamo, come spero lei sappia, signor Worthing, in un’epoca di grandi ideali. Se ne parla costantemente nelle riviste mensili più costose, e la cosa, a quanto mi si dice, ha raggiunto addirittura anche i pulpiti di provincia; ora, il mio ideale, è sempre stato quello di amare una persona che si chiamasse Ernest. C’è qualcosa in questo nome che ispira una fiducia assoluta. Nel preciso istante in cui Algernon mi ha accennato di avere un amico di nome Ernest, io ho saputo che ero destinata ad amarlo.
JACK - Tu davvero mi ami, Gwendolen?
GWENDOLEN - Appassionatamente!
JACK - Tesoro! Non sai quanto mi fai felice.
GWENDOLEN - Ernest! Mio Ernest!
JACK - Ma non vorrai dire che davvero non potresti amarmi se non mi chiamassi Ernest.
GWENDOLEN - Ma tu ti chiami Ernest.
JACK - Sì, lo so. Ma supponiamo che il mio nome fosse un altro, Vuoi dire che in quel caso non potresti amarmi?
GWENDOLEN (leggera) - Ah, ma questa è chiaramente una speculazione metafisica, e come quasi tutte le speculazioni metafisiche ha ben poco a che fare con i fatti concreti della vita reale, quali li conosciamo.
JACK - Personalmente, tesoro, in tutta franchezza, non è che il nome Ernest mi entusiasmi più di un tanto... Credo anzi che non mi stia affatto bene.
GWENDOLEN - Ti sta benissimo. È un nome divino. Ha una musica tutta sua. Produce delle vibrazioni.
L’importanza di chiamarsi Ernesto, Atto I
 
La scena si svolge a casa di Algernon.
Mentre il padrone di casa e sua zia lady Bracknell, madre di Gwendolen, sono momentaneamente altrove, in salotto Jack rimane solo con la ragazza e le dichiara il proprio amore.
Gwendolen capitola immediatamente: accetta con gioia la proposta di matrimonio e rivela a Jack-Ernesto di essere innamorata di lui da sempre perché affascinata da quel nome, Ernesto, che è il più dolce del mondo. 

Legittimamente Jack nutre il sospetto che se non si chiamasse Ernesto ma per esempio Jack, -un nome a caso- la ragazza non lo degnerebbe di uno sguardo.

Jack è ancora inginocchiato davanti all’amata quando entra in scena lady Bracknell: informata dalla figlia di voler convolare a nozze con Ernesto, la nobildonna ritiene di dover sottoporre il giovane ad una sorta di esame volto ad appurare se sia degno di diventare suo genero.
 
LADY BRACKNELL (sedendo) - Si sieda pure, signor Worthing.
JACK - Grazie, Lady Bracknell, preferisco stare in piedi.
LADY BRACKNELL (matita e notes tra le mani) - Mi sento in dovere di dirle, signor Worthing, che nel mio elenco dei possibili generi, il suo nome non c’è, pur avendo io lo stesso elenco della cara duchessa di Bolton. Poiché infatti noi lavoriamo insieme. Tuttavia, sono ben disposta a includere anche lei, ove le sue risposte soddisfino le richieste di una madre sinceramente affezionata. Lei fuma?
JACK - Beh, sì, devo ammettere che fumo.
LADY BRACKNELL - Lieta di sentirglielo dire. Un uomo deve sempre avere una qualche occupazione…Quanti anni ha?
JACK - Ventinove.
LADY BRACKNELL - Un’ottima età per sposarsi….
 Qual è il suo reddito?
JACK - Tra le sette e le ottomila sterline all’anno.
LADY BRACKNELL (prende un appunto) - Proprietà terriere o titoli azionari?
JACK - Titoli, più che altro.
LADY BRACKNELL - Molto ben fatto…

Quali sono le sue idee in politica?
JACK - Beh, temo proprio di non averne. Sono un reazionario progressista.
LADY BRACKNELL - Oh, sono considerati conservatori. Ne abbiamo spesso a cena. O dopo cena, comunque. E adesso, qualche dettaglio di minor conto. I suoi genitori vivono ancora?
JACK - Lo ho persi tutti e due.
LADY BRACKNELL - Perdere un genitore, signor Worthing, può essere considerata una disgrazia. Perderli tutti e due crea un’impressione di superficialità. Chi era suo padre? Una persona di un certo censo, evidentemente…
JACK - Temo proprio di non poter rispondere. Il fatto è un altro, Lady Bracknell: ho detto di aver perduto tutti e due i genitori, è vero. Ma sarebbe forse più esatto dire che i miei genitori hanno perduto me... Io, in verità, non so chi sono di nascita. Io sono stato... beh, sono stato trovato.
LADY BRACKNELL - Trovato?!
JACK - Sono stato trovato dal defunto signor Thomas Cardew, un vecchio gentiluomo d’animo cortese e caritatevole, che mi diede il nome di Worthing, poiché in quel momento si trovava ad avere in tasca un biglietto di prima classe per Worthing. Worthing è una cittadina nel Sussex. Una località balneare.
LADY BRACKNELL -E dove l’ha trovata il caritatevole gentiluomo che aveva in tasca un biglietto di prima classe per questa località balneare?
JACK (con gravità) - In una borsa.
LADY BRACKNELL - In una borsa?
JACK (con grande serietà) - Sì, Lady Bracknell. Mi ha trovato in una borsa; una borsa, piuttosto grande, di cuoio nero, con maniglie... Una comune borsa da viaggio.
LADY BRACKNELL - E in quale luogo esattamente, questo signor James, o Thomas, Cardew, ebbe a imbattersi in questa comune borsa da viaggio?
JACK - Nel deposito bagagli della Stazione Vittoria. Dove gli venne data per errore al posto della sua.
LADY BRACKNELL -Il deposito bagagli della Stazione Vittoria?
JACK - Sì, linea per Brighton.
LADY BRACKNELL - La linea non ha importanza. Signor Worthing, confesso che quanto mi dice mi lascia un poco perplessa. L’essere nato, o comunque allevato, in una borsa, con o senza maniglie che sia, mi sembra una manifestazione di disprezzo per i più elementari principi della vita familiare, che mi richiama alla mente i peggiori eccessi della Rivoluzione Francese. E suppongo lei sappia a che cosa ha condotto quel deprecabile momento! …
JACK - Posso chiederle allora che cosa mi consiglia di fare? Non occorre che le dica che farei qualsiasi cosa al mondo pur di assicurare la felicità di Gwendolen.
LADY BRACKNELL - Le consiglio caldamente, signor Worthing, di trovarsi qualche legame di parentela al più presto possibile, e di non lasciare nulla d’intentato onde esibire almeno un genitore, non importa se maschio o femmina, prima che la stagione sia definitivamente conclusa.
JACK - Beh, non vedo proprio come potrei farcela. Posso esibire la borsa, anche subito. È nel mio guardaroba, a casa mia. E spero vivamente, Lady Bracknell, che questo possa bastarle.
LADY BRACKNELL - A me, signore?! Che cosa c’entro io? Lei davvero si immagina che io e Lord Bracknell potremmo mai sognarci di lasciare che la nostra unica figliola – allevata ed educata con ogni cura – possa maritarsi con un deposito bagagli ed imparentarsi con una borsa da viaggio? Buon giorno, signor Worthing!
(Lady Bracknell esce con aria di sovrana indignazione.)
L’importanza di chiamarsi Ernesto, Atto I
 

Bombardato da una raffica di domande, Ernesto supera brillantemente la prima parte dell’esame: ha l’età giusta per il matrimonio, ha di che vivere più che decorosamente, possiede denaro a sufficienza, è proprietario di una casa in campagna e di un’altra in città, è un buon reazionario-progressista, uno di quei conservatori che la nobildonna spesso e volentieri ospita a cena -o dopo cena, non ha importanza-.

I guai iniziano per lui quando lady Bracknell gli chiede della famiglia: chi è suo padre?  E sua madre? Morti entrambi? Questo è troppo: si può accettare che si perda un genitore, ma perderli entrambi è eversivo. In che senso è stato trovato? E da chi? In una borsa da viaggio rinvenuta presso la stazione? Sua figlia dovrebbe imparentarsi con una borsa da viaggio? Ma siamo seri! Ernesto si procuri in fretta dei parenti in modo da poterli esibire in pubblico!


Gli stereotipi, i pregiudizi, il conformismo della nobiltà del tempo sono qui tutti presenti
 
La comicità dell’intera commedia è tuttavia nei dialoghi: la parola è disancorata dai fatti, la battuta prevale sull’azione in un gioco linguistico farneticante che anticipa le caratteristiche del teatro dell’assurdo.
 

L’epilogo


In un alternarsi di surreali equivoci, la storia giunge al suo epilogo con un paradossale colpo di scena: la signora Bracknell riconosce nell’istruttrice di Cecyl, certa Miss Prism, la governante che molti anni prima era al servizio della propria sorella nonché madre di Algernon.
Incaricata di portare a spasso l’ultimo nato, fratello minore di Algernon, Miss Prism per errore aveva sistemato il bimbo in una borsa di cuoio che avrebbe dovuto accogliere il manoscritto di un’opera di narrativa, mentre il manoscritto era finito nella carrozzella.
Quando più tardi si era accorta dell’errore, Miss Prism terrorizzata aveva abbandonato la carrozzella ed era fuggita.


Jack ora sa chi è. 

Ma non è finita qui: il nome impostogli alla nascita è Ernesto.


Una vera fortuna per lui: adesso può sposare la sua Gwendolen avendo la coscienza a posto… da vero Ernesto.
 
 

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