Letteratura

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Il “paradosso” nella letteratura













A cercare il significato del termine paradosso, ci si imbatte in una serie di definizioni solo apparentemente distanti tra loro: in realtà, che si tratti del paradosso della filosofia o di quello della fisica, in generale esso consiste in un fenomeno-fatto che si verifica in modo anomalo e/o contrario alle aspettative.

Se dunque il paradosso nasce dallo scarto tra premesse e conseguenze e risiede nella coesistenza tra qualcosa e il suo opposto, allora il paradosso è ovunque intorno a noi: è nel piangere dalla gioia (è del tutto illogico, ma accade), è nell’essere attratti dall’orrido (irragionevole, ma accade anche questo), è insomma ovunque vi sia una contraddizione in termini.

A cercare il significato del termine paradosso, ci si imbatte in una serie di definizioni solo apparentemente distanti tra loro: in realtà, che si tratti del paradosso della filosofia o di quello della fisica, in generale esso consiste in un fenomeno-fatto che si verifica in modo anomalo e/o contrario alle aspettative.


Il paradosso attraversa la letteratura di ogni tempo, è presente nella poesia quanto nella narrativa. 

 

Leopardi e Foscolo


La poesia di Leopardi
, un organico sistema di idee il cui fulcro è il pessimismo (indipendentemente che si tratti di pessimismo storico o cosmico, il discorso non cambia) che scaturisce da una visione meccanicistica dell’esistenza: tutto ciò che è, morirà, perché questo è il ciclo della materia. Un pensiero coerente e lucido quello di Leopardi, che tuttavia non riesce- o non vuole- rinunciare all' illusione dell'eternità, quell'anelito all'ineffabile in cui è "dolce naufragar" e con cui si chiude "L'Infinito". Paradossale....

Stessa contraddizione in Foscolo, che con Leopardi condivide la stessa visione materialistico-meccanicistica: nel carme Dei Sepolcri non è possibile non notare la contraddizione tra l’idea di caducità-mortalità e l’aspirazione all’immortalità (bisogno a quanto pare molto umano), contraddizione che Foscolo risolve concludendo che nessuno muore davvero se vive nel ricordo dei propri cari. Insomma, da una parte l'idea che tutto sia materia corruttibile, dall'altra l'aspirazione all'eternità; da un lato il nichilismo e dall'altro il bisogno di illusioni che aiutino a sopportare la pena dell'esistenza e le conferiscano un senso. 

 

M. de Cervantes, Don Chisciotte


Se in alcuni casi il paradosso/la contraddizione si insinuano di soppiatto in letteratura, scalfendo la coerenza di poetiche e filosofie altrimenti solidissime, c'è una letteratura che sceglie la rappresentazione del paradosso.

 

Ne è esempio M. de Cervantes con il suo memorabile romanzo Don Chisciotte della Mancia: il protagonista è l'hidalgo Don Chisciotte, folle sognatore che in groppa al suo ronzino percorre la Spagna in un lungo e in largo convinto di essere un cavaliere d’altri tempi, travisa tutto ciò che vede- perché tende ad andare oltre ciò che vede- e ottiene paradossalmente l’opposto di ciò che vorrebbe. Di contro c’è il pragmatico e sagace Sancio Panza, che non vede se non quello che ha ad un palmo dal naso, razionale fino al cinismo. L’opera ha il suo fulcro nella rappresentazione del paradosso, è tutta giocata sul contrasto ossimorico tra aspetti opposti della realtàla follia e la saggezza, l’idealismo e il disincanto, le aspettative e i reali risultati.

 

L. Pirandello


Arriviamo alla letteratura più recente. Il paradosso è il fil rouge dell’opera di Pirandello, che umoristicamente coglie sempre il rovescio della medaglia, coglie l’aspetto tragico nel comico e il grottesco nel tragico a dimostrazione del fatto che la vita è sempre un paradossale gioco degli opposti.


"Distrazione" è una delle innumerevoli novelle di Pirandello ed è tratta da Novelle per un anno. La storia è quella di un vetturino che ad un certo punto della sua vita, scarseggiando i turisti da portare a spasso per le vie della città, decide di cambiar lavoro e si fa assumere presso un’impresa funebre. Il suo compito è di trasportare al camposanto il caro estinto a bordo del suo calesse, opportunamente adattato alla nuova funzione. Un giorno, gli capita di appisolarsi nell’esercizio delle sue funzioni, tanto il cavallo va da sé, conosce la strada verso il cimitero e il morto non scappa di certo. Ma si sa, le abitudini sono dure a morire, diversamente dagli umani: risvegliatosi di colpo, l’ex vetturino, ancora intontito, fa cenno ai passanti come ad invitarli a salire sul calesse. E così un funerale si trasforma paradossalmente in una situazione comico-farsesca, il pianto è sostituito dal riso.
 

I. Svevo


E che dire dell’opera di I. Svevo, la cui Coscienza di Zeno è il racconto di quel paradosso vivente che è Zeno Cosini: perennemente combattuto tra una cosa e il suo opposto, vorrebbe ma non riesce a volere fino in fondo, ama e odia insieme, è spavaldo ma al contempo pavido, bisognoso di far chiarezza eppure tendente all'inganno come all'autoinganno. La stessa vita di Zeno è paradossale, perché nulla di ciò che gli accade è previsto né prevedibile...

Forse che l'ambivalenza è nella vita stessa, troppo complessa perché possa essere racchiusa e sistematizzata in rigidi schemi interpretativi? 

Non è l'animo umano un paradossale guazzabuglio di opposti?