Introduzione
Nella
vasta produzione di Calvino, La giornata d’uno scrutatore [1963] può essere
definito un romanzo di formazione ad ambientazione storico-realistica.
Il
libro è in gran parte autobiografico: la vicenda narrata è ispirata ad un’esperienza
vissuta realmente da Calvino e il personaggio protagonista, Amerigo Ormea, è l’alter ego dell’autore per formazione culturale, esperienze
di vita, orientamento ideologico/militanza
nel partito comunista.
Il
contesto storico
Le
elezioni del 1948 avevano assicurato alla DC -guidata
da Alcide De Gasperi- la maggioranza assoluta alla Camera dei deputati con 306
seggi su 574. All’indomani delle elezioni, De Gasperi varò un governo di
coalizione tra i maggiori partiti anticomunisti -DC, PRI, PLI- sancendo di
fatto la nascita di un governo centrista.
Nel 1953, vacillando l’esecutivo, su proposta di De Gasperi fu approvata una nuova legge elettorale, che per come era congegnata fu definita dalle sinistre legge truffa: essa assicurava un cospicuo premio di maggioranza, il 65% dei seggi, alla coalizione che avesse ottenuto il 50% più uno dei suffragi.

Alcide De Gasperi

La vicenda del romanzo si colloca in questo contesto e si svolge
nell’arco di un’unica giornata, quel 7 giugno 1953 in cui l’Italia fu chiamata
alle urne.
La
trama
Il protagonista Amerigo Ormea, militante comunista, è scrutatore
presso il seggio elettorale del Cottolengo di Torino. Il suo scopo è di
garantire la correttezza delle votazioni e di evitare che i democristiani - e i religiosi del Cottolengo- le
orientino a proprio favore inducendo
al voto anche persone incapaci di intendere e di volere.
In una giornata che si preannuncia
piovosa, Amerigo esce di casa di buon’ora e raggiunge il Cottolengo con la sensazione
d'inoltrarsi al di là delle frontiere del suo mondo.
Il seggio del Cottolengo è apparentemente
come tutti i seggi elettorali: anonimo nelle sue poche suppellettili e nei paraventi
di legno piallato che fungono da cabine.
Tutto cambia quando inizia la sfilata dei
votanti e quel seggio non è più come tutti gli altri: arrivano per primi
vecchietti -ricoverati, o artigiani al servizio dell'istituto, o le due cose
insieme-, qualche monaca, un prete, delle donne anziane.

Piccola casa della Divina Provvidenza (Cottolengo)
Poi è la volta dei minorati gravi: una donnetta piccolissima che, priva di gambe, si muove su uno sgabello che spinge con la sola forza delle anche e delle spalle; dopo di lei, una folla di paralitici e di idioti, tutti abitatori d'un mondo nascosto e altro dal mondo dei sani che si aggirano per le strade, lavorano e si divertono.
Tra gli scrutatori ci sono anche due
donne: una è sui cinquanta, indossa una blusa bianca e ha l'aria di maestra elementare; l’altra è una compagna, forse un’operaia,
che per l’occasione sfoggia un golfino arancione.
L’arancione prende molto sul serio il proprio ruolo: ovviamente controlla che i documenti dei votanti siano in ordine e protesta ogni volta che un cieco -o un minorato incapace di intendere- deve essere assistito in cabina da qualcuno (monaca o prete, al solito) che faccia la crocetta per lui.
A metà giornata, diradandosi il flusso
dei votanti, Amerigo torna a casa per mangiare qualcosa in fretta e litigare
telefonicamente con la fidanzata Lia, donna che lui considera irrazionale ed emotiva. Cerca di
leggere per sbollire la rabbia del litigio, ma la mattinata al Cottolengo e la
vista di tutta quella gente nata all'infelicità gli impediscono di
concentrarsi.
Tornato al Cottolengo, Amerigo è tra gli scrutatori che devono trasferirsi in un seggio distaccato che è stato allestito
appositamente in corsia per i malati che non possono lasciare il letto.
Tra quelle corsie del Cottolengo, vede umani deformi: c'è chi ha braccia come pinne, c'è chi, privo
della parte del corpo dalla vita in giù, sembra spuntare dal letto con il busto
come una pianta dal vaso in cui è interrata; c'è l'uomo con la testa smisurata, un essere anziano sopravvissuto in quella lunga crescita di feto. Amerigo si chiede come si possa far votare quei poveri esseri quasi
inconsapevoli di essere al mondo, ma non interviene per impedirlo.
L’attenzione di Amerigo va poi ad un
vecchio che, seduto accanto al letto del figlio, un ragazzo deficiente
che si muove a fatica, gli porge delle mandorle accuratamente sgusciate e lo
guarda mangiare. Con amore.
Un'umanità di confine
La
trama è piuttosto esile: il racconto ruota intorno ad un unico fatto, le
operazioni di voto al Cottolengo, un fatto che tuttavia per Amerigo è
esperienza esistenziale cruciale, perché di fronte a quell’umanità in cui
sembra concentrarsi tutto il male del mondo, Amerigo rivede tutte le sue
convinzioni.
E che cos'era se non il caso ad aver fatto di lui Amerigo Ormea un
cittadino responsabile, un elettore cosciente, partecipe del potere
democratico, di qua del tavolo del seggio, e non - di là del tavolo - per
esempio, quell'idiota che veniva avanti ridendo come se giocasse
Profondamente
turbato da quel mondo deforme in cui, spente la ragione o le forze, l’istinto
di sopravvivenza fa che le bocche si aprano per ricevere il cibo, Amerigo si
chiede quale sia la ragione del confine tra loro, i malati, e
quelli come lui, i sani. Non c’è alcuna
ragione logica, né meriti o demeriti; solo il caso ha collocato Amerigo
-scrutatore e cittadino responsabile- al di qua del tavolo e gli altri -martoriati
nel corpo e inconsapevoli del mondo- per caso sono finiti dall’altra parte.
E che cos'era se non il caso ad aver fatto di lui Amerigo Ormea un cittadino responsabile, un elettore cosciente, partecipe del potere democratico, di qua del tavolo del seggio, e non - di là del tavolo - per esempio, quell'idiota che veniva avanti ridendo come se giocasse
Ma Amerigo in quel momento non pensava più all'insensato motivo
per cui si trovava lì; gli pareva che il confine di cui ora gli si chiedeva il
controllo fosse un altro: non quello della «volontà popolare», ormai perduto di
vista da un pezzo, ma quello dell'umano…
Ma Amerigo in quel momento non pensava più all'insensato motivo
per cui si trovava lì; gli pareva che il confine di cui ora gli si chiedeva il
controllo fosse un altro: non quello della «volontà popolare», ormai perduto di
vista da un pezzo, ma quello dell'umano…
Nel
mondo-Cottolengo (nel nostro mondo che potrebbe diventare, o già essere,
«Cottolengo») Amerigo non riusciva più a seguire la linea delle sue scelte
morali ….Costretto per un giorno della sua vita a tener conto di quanto è
estesa quella che vien detta la miseria della natura ….sentiva aprirsi sotto ai
suoi piedi la vanità del tutto.
Nel mondo-Cottolengo (nel nostro mondo che potrebbe diventare, o già essere, «Cottolengo») Amerigo non riusciva più a seguire la linea delle sue scelte morali ….Costretto per un giorno della sua vita a tener conto di quanto è estesa quella che vien detta la miseria della natura ….sentiva aprirsi sotto ai suoi piedi la vanità del tutto.
Al
cospetto di tanto dolore, Amerigo sente sotto ai suoi piedi la voragine dell'insensatezza del tutto e le sue certezze vacillano: le categorie di
pensiero attraverso cui ha letto il mondo finora -la fiducia nel potere della
ragione, il comunismo, l’anticlericalismo- non riescono a contenere né
a spiegare quella sofferenza; lo stesso motivo per cui si trova lì -vigilare
che il confine della volontà popolare non venga violato dall’abuso- gli appare
privo di senso in quel mondo oltre i confini dell'umano.
Un
letto alla fine della corsia era vuoto e rifatto; il suo occupante, forse già
in convalescenza, era seduto su una seggiola da una parte del letto, vestito
d'un pigiama di lana con sopra una giacca, e seduto dall'altra parte del letto
era un vecchio col cappello, certamente suo padre, venuto quella domenica in
visita. Il figlio era un giovanotto, deficiente, di statura normale ma in
qualche modo - pareva - rattrappito nei movimenti. Il padre schiacciava al
figlio delle mandorle, e gliele passava attraverso al letto, e il figlio le
prendeva e lentamente portava alla bocca. E il padre lo guardava masticare..
Eppure,
c’è un padre che accudisce il proprio figlio malato, sguscia per lui delle
mandorle, gliele passa attraverso le sponde del letto. Un padre come tanti in un gesto d’amore normale tra genitori
e figli, ma ancora più bello quando uno dei due non è in grado di provvedere a se
stesso e l’altro diventa le sue gambe, le sue braccia, il suo respiro, la sua stessa
possibilità di sopravvivenza.
Ora
gli scrutatori facevano capannello attorno a uno degli ultimi che avevano
votato, un omone col berretto. Era senza mani, dalla nascita: due moncherini
cilindrici gli uscivano dalle maniche, ma stringendoli uno all'altro sapeva
afferrare e manovrare oggetti, anche sottili (la matita, un foglio di carta;
difatti aveva votato da solo, piegato da solo le schede) come nella presa di
due enormi dita. - Tutto: anche accendermi una sigaretta, - diceva l'omone, e
con movimenti svelti prendeva il pacchetto di tasca, lo portava alla bocca per
estrarne la sigaretta, stringeva il pacchetto dei cerini sotto l'ascella,
accendeva, tirava una boccata, impassibile. Gli erano tutti intorno, a
chiedergli come faceva, come aveva imparato. L'uomo rispondeva brusco: aveva
una grossa faccia sanguigna da operaio anziano, ferma, senza espressione. - Io
so fare tutto, - diceva. - Ho cinquant'anni. Sono cresciuto al «Cottolengo»
-. Parlava a mento alto, con una dura aria quasi di sfida. Amerigo pensò:
l'uomo trionfa anche delle maligne mutazioni biologiche; e riconosceva
nelle fattezze dell'uomo, nel suo vestiario e atteggiamento, i tratti che
contraddistinguono l'umanità operaia, anch'essa orbata - il simbolo e la
lettera - di qualcosa della sua completezza, eppure atta ad autocostruirsi, ad
affermare la parte decisiva dell'homo faber. - Io so fare tutti i lavori da
me, - diceva l'omone col berretto. - Sono le suore che mi hanno insegnato. Qui
al «Cottolengo» facciamo tutti i lavori da noi. Le officine e tutto. Siamo come
una città. Io ho sempre vissuto dentro il «Cottolengo». Non ci manca niente. Le
suore non ci fanno mancare niente.
Amerigo
e gli altri scrutatori sono sorpresi dall’abilità con la quale un omone dalla faccia rossa riesce a
muovere i moncherini che sostituiscono le mani: afferra oggetti anche minuscoli, sfila il pacchetto
di sigarette dalla tasca dei pantaloni, lavora e vive come fosse l’uomo più normale e soddisfatto della terra. L’uomo trionfa anche nelle avversità e sulla peggiore
delle menomazioni -pensa Amerigo-, ma a patto che non sia abbandonato a se
stesso e possa contare sull’amore e la solidarietà di qualcuno. Siamo come
una città -dice orgogliosamente l’omone dei moncherini-, una città in cui non manca nulla, ma solo grazie alla dedizione e all’amore delle suore, che cristianamente ogni giorno accudiscono
e insegnano ad andare oltre i limiti della disabilità.
Un letto alla fine della corsia era vuoto e rifatto; il suo occupante, forse già in convalescenza, era seduto su una seggiola da una parte del letto, vestito d'un pigiama di lana con sopra una giacca, e seduto dall'altra parte del letto era un vecchio col cappello, certamente suo padre, venuto quella domenica in visita. Il figlio era un giovanotto, deficiente, di statura normale ma in qualche modo - pareva - rattrappito nei movimenti. Il padre schiacciava al figlio delle mandorle, e gliele passava attraverso al letto, e il figlio le prendeva e lentamente portava alla bocca. E il padre lo guardava masticare..
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