Letteratura

G. Verga e i Vinti…un'ideologia conservatrice


Oltre che per un gran numero di novelle, la fama di Verga (1840-1922) è legata soprattutto ai due romanzi I Malavoglia e Mastro don Gesualdo. Come è notoquesti sono gli unici portati a termine della serie di cinque romanzi del ciclo I Vinti che, nel progetto di Verga, avrebbero dovuto raccontare la sconfitta cui chiunque è destinato nella lotta per la vita.


I Malavoglia



Partiamo da I Malavoglia: la trama del romanzo è nota, la riassumiamo in poche righe.

Protagonisti del romanzo, i componenti della famiglia Toscano, soprannominati i Malvoglia, sono poveri pescatori di Aci Trezza che, aspirando ad una condizione migliore e ad uscire dalla povertà in cui versano, si improvvisano commercianti di lupini e tentano, per così dire, il salto di qualitàdella loro vita. Nulla di strano in questo, anzi è del tutto naturale che si provi a migliorare, ciascuno di noi lo fa. Forse che ognuno di noi, dagli ultimi ai primi, non lotta quotidianamente per ottenere più di quello che ha?


Giovanni Verga

Ma i protagonisti de I malavoglia sembrano proprio perseguitati dalla malasorte: in una notte di tempesta perdono il carico di lupini in mare, la barca acquistata a debito affonda, nel naufragio muore Bastianazzo e a seguire una serie infinita di altri guai.



Mastro don Gesualdo



La storia di Mastro don Gesualdo è la vicenda di un uomo che, forte di carattere, intraprendente ed intelligente, riesce in quel salto di qualità di cui si parlava poco fa: ottiene  denaro e successo pur partendo dal basso, a costo di enormi sacrifici e lavorando instancabilmente diventa  possidente terriero prima, poi nobile tra i nobili siciliani grazie al matrimonio con Bianca Trao, giovane aristocratica che accetta di sposarlo per rimediare allo scandalo suscitato dalla relazione con il proprio cugino.


Nel mondo dorato della nobiltà siciliana, tuttavia, Gesualdo è un parvenu, un arricchito che si è comprato il titolo, uno che ha le mani sporche di malta e per questo è mal tollerato in quell’ambiente che non è il suo, non è accettato neppure dalla sua stessa moglie. Alla fine, anche lui, che pure aveva inizialmente vinto, perderà la sua partita con la vita: malato e in fin di vita, è tormentato da rimpianti, è accudito da servi che non lo sopportano e attendono impazienti che passi a miglior vita, vede il proprio denaro sperperato dal genero, sa di non essere amato dalla figlia che ha sempre sospettato non essere sua.


Gesualdo, prima vincitore, muore da vinto.


Se ne ricava che nella lotta per la vita, in quella fiumana del progresso di cui Verga parla nella Prefazione a I Malavoglia, tutti sono destinati a soccombere: prima i deboli (idea, questa, mutuata da Darwin), per gli altri, per i più forti, è solo questione di tempo….


I Malavoglia, Mastro don Gesualdo, la duchessa de Leyra….sono altrettanti vinti che la corrente ha deposti sulla riva, dopo averli travolti e annegati, ciascuno con le stimate del suo peccato...
G. Verga, I Malavoglia, Prefazione



Allora, è come dire che per Verga nulla cambia e nulla deve cambiare, tutto deve rimanere com’è. Ognuno al proprio posto: i Toscano rimangano nella loro misera vita e la accettino, Gesualdo faccia lo stesso. 


Insomma l’ideale dell’ostrica! direte voi. – Proprio l’ideale dell’ostrica! e noi non abbiamo altro motivo di trovarlo ridicolo, che quello di non esser nati ostriche anche noi. Per altro il tenace attaccamento di quella povera gente allo scoglio sul quale la fortuna li ha lasciati cadere, mentre seminava principi di qua e duchesse di là, questa rassegnazione coraggiosa ad una vita di stenti, questa religione della famiglia, che si riverbera sul mestiere, sulla casa, e sui sassi che la circondano, mi sembrano – forse pel quarto d’ora – cose serissime e rispettabilissime anch’esse
Fantasticheria, Vita dei campi 



La rassegnazione con cui la povera gente di Aci Trezza accetta una vita di stenti, rimanendo attaccata come un'ostrica allo scoglio su cui la Sorte l'ha gettata, è definita n
ella novella Fantasticheria scelta coraggiosa, cosa serissima rispettabilissimama è anche l'unica possibilità, perché chi decidesse -per imprudenza o egoismo- di staccarsi da quello scoglio, andrebbe alla deriva.


Una visione senz’altro conservatrice, addirittura reazionaria secondo alcuni; d’altronde Verga proviene da una realtà - quella siciliana di fine 800- tutt’altro che progressista: la Sicilia dell’assoluto immobilismo sociale, dove i contadini inutilmente si battono contro i privilegi dei galantuomini (e Verga è un aristocratico come loro) e/o per la redistribuzione della terra (vedi novella Libertà sul massacro di Bronte del 1860) …Ma nulla cambia.


Verga reazionario? Conservatore senz'altro.
 

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