Letteratura

Zola, l’intellettuale coraggioso. J’accuse



1870: si combatte l’ennesima guerra franco-prussiana. Il conflitto dura un anno, la Francia è sconfitta. 

Le ripercussioni della sconfitta sono enormi per la Franciacrolla l’impero di Napoleone III, viene restaurata la Repubblica, alla Prussia vengono cedute l’Alsazia e la Lorena.

La frustrazione della sconfitta genera tensione, occorre scoprire chi o cosa possa aver determinato la disfatta e così, come spesso accade quando le cose vanno male, si scatena la caccia al capro espiatorio. Lo si trova nella persona del capitano Alfred Dreyfus: ebreo d’origine, viene accusato di tradimento per aver passato al nemico informazioni riservate.

Le prove esibite a sostegno della sua colpevolezza sono false, come si scoprirà più tardi, ma il 22 dicembre del 1894 Dreyfuss è condannato.

 
Momentaneamente a Roma, Emile Zola, il padre del Naturalismo, il teorico del romanzo sperimentale, lo scrittore che nelle sue opere racconta l’ingiustizia e la povertà di vite ai margini della società, è raggiunto dalla notizia della condanna di Dreyfuss: rientra in Francia e scrive l’appassionato J'accuse, lunga lettera aperta indirizzata al Presidente della Repubblica Félix Faure e pubblicata il 13 gennaio 1898 sul quotidiano L'Aurore.


Nel suo testo, Zola si scaglia contro quella gigantesca ingiustizia, un errore giudiziario senza precedenti: parlarne a mezzo stampa, mettere pubblicamente a nudo la corruzione e il pregiudizio su cui è fondato l’affaire Dreyfuss deve servire a scuotere le coscienze, nessuno deve rimanere inerte né in silenzio quando vengono palesemente calpestati i diritti di un uomo e la giustizia è asservita al potere.


Nel J’accuse, Zola individua i responsabili della macchinazione ai danni di Dreyfuss in militari e politici di cui non esista a fare nomi e cognomi.
[…]poiché è stato osato, oserò anche io. La verità la dirò io, poiché ho promesso di dirla, se la giustizia regolarmente osservata non la proclamasse interamente. Il mio dovere è di parlare, non voglio essere complice. Le mie notti sarebbero abitate dallo spirito dell’uomo innocente che espia laggiù nella più spaventosa delle torture un crimine che non ha commesso. Ed è a Voi signor presidente, che io griderò questa verità […]
Per prima cosa, la verità sul processo e sulla condanna di Dreyfus. Dichiaro semplicemente che il comandante del Paty di Clam incaricato di istruire la causa Dreyfus, come ufficiale giudiziario nel seguire l’ordine delle date e delle responsabilità, è il primo colpevole del terribile errore giudiziario […]
Accuso il luogotenente colonnello del Paty di Clam di essere stato l’operaio diabolico dell’errore giudiziario […]
Accuso il generale Mercier di essersi reso complice, almeno per debolezza di spirito, di una delle più grandi iniquità del secolo. Accuso il generale Billot di aver avuto tra le mani le prove certe dell’innocenza di Dreyfus e di averle soffocate[…]
Accuso il generale de Boisdeffre ed il generale Gonse di essersi resi complici dello stesso crimine […]
Accuso il generale De Pellieux ed il comandante Ravary di avere fatto un’indagine scellerata, intendendo con ciò un’indagine della parzialità più enorme […]
Accuso i tre esperti in scrittura i signori Belhomme, Varinard e Couard, di avere presentato relazioni menzognere e fraudolente […]
Accuso gli uffici della guerra di avere condotto nella stampa, particolarmente nell’Eclair e nell’Eco di Parigi, una campagna abominevole, per smarrire l’opinione pubblica e coprire il loro difetto.
[…]
Formulando queste accuse, non ignoro che mi metto sotto il tiro degli articoli 30 e 31 della legge sulla stampa del 29 luglio 1881, che punisce le offese di diffamazione. Ed è volontariamente che mi espongo. Quanto alla gente che accuso, non li conosco, non li ho mai visti, non ho contro di loro né rancore né odio. Sono per me solo entità, spiriti di malcostume sociale. E l’atto che io compio non è che un mezzo rivoluzionario per accelerare l’esplosione della verità e della giustizia.
Ho soltanto una passione, quella della luce, in nome dell’umanità che ha tanto sofferto e che ha diritto alla felicità. …
E. Zola, J'accuse
 
L’effetto del J’accuse è dirompente, Zola viene condannato per vilipendio delle forze armate, ma il suo gesto scuote l’opinione pubblica e mobilita gli intellettuali di tutta Europa, così che Dreyfuss, già condannato, ottiene la revisione del processo.

Condannato nuovamente, nonostante alcuni dei veri responsabili abbiano confessato (il colonnello Henry ammette di aver falsificato le prove a carico di Dreyfuss, è condotto in carcere lì muore suicida), Dreyfuss sull’onda delle proteste della piazza ottiene la grazia, ma a patto che ammetta la propria responsabilità in una lettera al presidente della Repubblica Loubet: mentire assumendosi una colpa che non ha per riavere la propria vita, è questa la sua unica possibilità di salvezza.

Il caso si chiude. Dreyfuss è libero ed è reintegrato nell’esercito, ma con lui sono liberi anche i veri colpevoli.




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