(…) Una delle disgrazie del nostro Paese,
negli ultimi sessant’anni, è stata proprio di non aver avuto nemici. L’unità
d’Italia si è fatta grazie alla presenza dell’austriaco o, come voleva Berchet,
dell’irto, increscioso alemanno; Mussolini ha potuto godere del consenso
popolare incitandoci a vendicarci della vittoria mutilata, delle umiliazioni
subite a Dogali e ad Adua e delle demoplutocrazie giudaiche che ci infliggevano
le inique sanzioni. Si veda che cosa è accaduto agli Stati Uniti quando è
scomparso l’impero del Male e il grande nemico sovietico si è dissolto.
Rischiavano il tracollo della loro identità (…)
È un estratto da Costruire il nemico, conferenza
pronunciata da Umberto Eco presso l’Università di Bologna il 15
maggio 2008 e poi pubblicata nel 2011 in Costruire il nemico e altri scritti
occasionali edito da Bompiani.
Vi si sostiene la tesi che avere un
nemico è importante per definire la nostra identità: è proprio
attraverso il nemico che misuriamo il nostro sistema di valori e abbiamo ben
chiaro chi siamo e cosa vogliamo. Per questo, quando il nemico non c’è, occorre
inventarlo.
La Storia pullula di nemici immaginari,
vale a dire individui o gruppi che, pur non costituendo reale e diretta
minaccia, sono percepiti come pericolosi/minacciosi in quanto i loro costumi,
la loro visione del mondo, ma anche il loro aspetto fisico, il colore della
pelle, la forma del naso, le fattezze del volto sono diversi: la loro
diversità diventa segno inequivocabile di
minacciosità.
Coerentemente con l’antico ideale di kalokagathia, vale a dire l'aristocratico principio secondo cui il bello è anche buono, il nemico/il diverso è sempre brutto e di conseguenza necessariamente cattivo/moralmente abietto. Per questo emarginarlo, perseguitarlo, annientarlo diventa condizione perché il Bene trionfi sul Male, la civiltà prevalga sulla barbarie.
Quando il nemico è lo straniero
Il diverso per antonomasia, dunque il
nemico ideale, è lo straniero.
Per i Greci erano brutti e cattivi
gli individui/i popoli estranei alla cultura ellenica -l’onomatopeico barbaro
allude al balbettio prodotto dallo straniero nel tentativo di parlare il greco-.
Rozzi, moralmente inferiori e tracotanti,
i Persiani nell’omonima tragedia di Eschilo. In una prospettiva che si potrebbe
definire –con un certo azzardo- eurocentrica, l’opera di Eschilo mette
in scena il conflitto -non solo militare- tra due mondi: quello greco
della misura, della democrazia, dei veri valori e quello della hybris, del dispotismo e dell’abiezione del barbaro persiano.
Non diversamente dai Greci, i Romani
consideravano barbari sanguinari e incolti i popoli non romanizzati
(coloro che risiedevano al di fuori dei confini dell'Impero), i nemici per definizione ancor prima che alcuni di
loro dilagassero- conquistandoli-, nei territori dell’impero d’Occidente a
partire dal V sec. d. C.
I più barbari tra i barbari, gli Unni di
Attila: lo storico romano Ammiano Marcellino li descrive brutti, curvi, tarchiati,
rozzi, crudeli, sporchi, infidi, incostanti, avidi e assolutamente incapaci di
discernere il bene dal male (cfr, Ammiano, Res Gestae, XXXI,2.); mentre il loro re Attila,
nelle Cronache dell’Anno mille di Rodolfo il Glabro (X secolo) è gobbo,
di bassa statura, sporco, fronte rugosa, collo esile, labbra gonfie, mento
affilato, barba caprina, orecchie a punta e, dettaglio fondamentale, di
carnagione scura (cfr, Cronache V, 2).
Tra gli stranieri,
quello perfetto per essere additato come il nemico portatore di inciviltà, è il
negro:
"Tutti
questi popoli [dell'Africa] sono sudici e grossolani, superficiali e stupidi (…) Non soltanto il
colore li distingue, ma differiscono dagli altri uomini per tutti i tratti del
loro volto, per i nasi larghi e piatti, per le grandi labbra, e per la
lanuggine al posto dei capelli, sembrano costituire un'altra specie di
uomini".
Espèce humaine, da
Encyclopédie
Così è possibile
leggere alla voce “negro” nell’Espèce humaine della Encyclopédie di
Diderot e D'Alembert.
Altrettanto eloquentemente -lo ricorda U. Eco nel succitato saggio-l’Encyclopaedia Britannica
recita come segue:
Nella carnagione dei negri incontriamo
diverse sfumature; ma tutti allo stesso modo si differenziano dagli altri
uomini nelle fattezze dei loro volti. Guance tonde, zigomi alti, una fronte
leggermente elevata, naso corto, largo e schiacciato, labbra spesse, orecchie
piccole (…) I vizi più noti
sembrano essere il destino di questa razza infelice: si
dice che ozio, tradimento, vendetta, crudeltà, impudenza, furto, menzogna,
turpiloquio (…) abbiano estinto i principi della legge naturale e
abbiano messo a tacere i rimproveri della coscienza (…)
Da Encyclopaedia
Britannica,1798
Talvolta il nemico, brutto, fetido e moralmente
abietto al punto da mettere a tacere i rimproveri della coscienza è il diverso che ci vive
accanto: l’immigrato
che nell’immaginario di molti -quasi come il criminale nato di
lombrosiana memoria- è venuto al mondo per delinquere; il clochard
vestito di stracci che è sempre bene schivare quando lo si incrocia per strada,
perché non si sa mai; il giovane tatuato carico di piercing;
l’omosessuale, insomma tutti coloro che in qualche modo -per ciò che sono, per
come vestono, per chi amano, per ciò in cui credono o non credono- attentano alla nostra rassicurante normalità.
Se il nemico è l’Ebreo
L’Anticristo nascerà dal
popolo dei giudei (…) dall’unione di un padre e una madre come tutti
gli uomini, e non, come si dice, da una vergine (…). All’inizio del
suo concepimento il diavolo entrerà nell’utero materno, per virtù del diavolo
sarà nutrito nel ventre della madre, e la potenza del diavolo sarà sempre con
lui (…)
Adso da Montier-en- Der, De ortu et tempore Antichristi
Secondo un’idea
diffusa fin dagli albori del Cristianesimo e qui ripresa dall’abate-scrittore
Adso (X secolo), alla fine dei
tempi l’Anticristo nascerà dal
popolo dei Giudei -già deicidi-, tenterà di prevalere su Cristo ma ne verrà
sconfitto.
Nemico
di Dio come l’Anticristo che ha a modello, l'ebreo è dunque nemico dell'umanità.
Mostruoso, puzzolente, dal volto
animalesco secondo uno stereotipo che giungerà fino al Novecento (si pensi alla
poesia di U. Saba La capra, una delle più belle del suo Canzoniere), per tutto il
Medioevo l’Ebreo è considerato l’incarnazione stessa del male. Ne dà conto la
storica Anna Foa in Ebrei in Europa, dalla peste nera all’emancipazione
XIV-XIX secolo: un saggio sulla
storia degli Ebrei, sul loro posto nell'Occidente cristiano, sulle condizioni
materiali della loro esistenza, sul loro destino di esclusione/ghettizzazione.
Nell’XI secolo, gli
ebrei erano stati attaccati come deicidi e massacrati in quanto uccisori di
Cristo (…). Antisemitismo e antigiudaismo, hanno una storia comune e
intrecciata. Lo stereotipo antisemita prende forza e vigore nei secoli
successivi all’XI secolo, alimentandosi soprattutto dell’accusa, che comincia
allora ad essere rivolta agli ebrei, di profanare le ostie consacrate e di
uccidere ritualmente bambini cristiani. Le due accuse sono evidentemente
diverse ma hanno la stessa struttura e veicolano lo stesso messaggio: la
ripetizione rituale da parte degli ebrei dell’uccisione di Cristo (…).
Il più antico episodio di accuse di questo genere è quello di Norwich dove, nel
1144, la scomparsa di un bambino e il successivo ritrovamento del suo cadavere
diedero vita alla prima definizione del mito della crocefissione rituale. Ne fu
autore un monaco, Thomas di Monmouth (…). Lo stereotipo era stato
creato, sia pure obbedendo a fantasie singolari e individuali.
Anna
Foa, la costruzione dello stereotipo antisemita, da Ebrei in Europa, dalla peste nera
all’emancipazione XIV-XIX secolo, edizione digitale Laterza 2014
Il
Medioevo cristiano non tollera gli Ebrei: accusati di uccidere bambini
cristiani e di farlo ritualmente durante la settimana di pasqua in spregio alla
religione cristiana, dal XIII secolo in avanti, e in due ondate successive,
essi vengono espulsi da gran parte dei Paesi europei (cfr, A Foa, Presenza,
spostamenti, espulsioni, da Ebrei in Europa…).
Dall’antigiudaismo, cioè
dall’odio teologico verso gli ebrei, all’antisemitismo, vale a dire
l’odio nei confronti di un popolo intero considerato abietto per natura, il
passo è breve. Inizia così la vessazione sistematica a danno degli ebrei: essi vengono
esclusi da ogni ambito della vita collettiva; sono progressivamente privati delle
loro libertà; sono sottoposti a pesante pressione fiscale; viene loro fatto divieto di possedere terra e
di esercitare il commercio, così che la loro attività principale diventa il
prestito di denaro, la qual cosa agli occhi dei cristiani è l’ulteriore prova della
loro natura corrotta, un modo per distruggerli succhiandone metaforicamente il
sangue come nella realtà usano fare con i bambini cristiani.
Nella primavera del 1348, l'evento che segna il punto del non ritorno: a Tolone, il primo pogrom contro gli ebrei che, sospettati di diffondere la peste, vengono massacrati e il loro quartiere distrutto. Avviene lo stesso a Barcellona e in alcune città della Francia meridionale: una violenza popolare spontanea e incontrollata che raggiunge il suo culmine -e forse non a caso- all'inizio della settimana santa.
Nel luglio del 1348, nel
Delfinato gli ebrei sono accusati di avvelenare i pozzi e le fontane per diffondere
la peste tra i cristiani. Sotto tortura, gli accusati confessano ciò che non
hanno commesso. Analoghe confessioni in Savoia, in Svizzera, in Francia, in
Italia delineano il quadro di un -presunto- complotto ai danni della
cristianità e la responsabilità ricade su tutti gli ebrei, compresi i bambini.
Nell’ottobre dello
stesso anno, in una bolla pontificia Clemente VI afferma con forza l’innocenza
degli ebrei, ne è prova che tra loro la peste miete lo stesso numero di vittime
che tra i cristiani: le parole del papa cadono nel vuoto, il pogrom del
1348 costa la vita a migliaia di ebrei in tutta Europa.
Altri massacri si erano
verificati tra la fine del Duecento e i primi decenni del Trecento. Ma gli
effetti delle vicende del 1348, sommandosi a quelli dei massacri precedenti,
furono più profondi e portarono alla distruzione della maggior parte delle comunità.
Anna Foa, La morte nera,
da Ebrei in Europa, dalla peste nera all’emancipazione XIV-XIX secolo, ediz. digitale Laterza 2014
Pare
che del nemico non si possa fare a meno
Pare
che del nemico non si possa fare a meno. La figura del nemico non può essere
abolita dai processi di civilizzazione. Il bisogno è connaturato anche all’uomo
mite e amico della pace.
U.
Eco, Costruire il nemico, edizione digitale
A
considerare la Storia -racconto millenario su nemici veri o immaginari, dai barbari agli ebrei, dagli eretici agli omosessuali - e a riflettere su questo nostro tempo insanguinato dalla guerra, non sembra esserci margine per l’amicizia tra i
popoli né tra gli individui, nessuno spazio per la mitezza di Bobbio.
Eppure, l'odio rende l’esistenza
un inferno insopportabile proprio come insopportabile è la convivenza per quei tre defunti che la fantasia di Sartre in Huis clos riunisce
tutti nella medesima stanza condannati a sopportare l’uno la vista dell’altro
per l’eternità.
Nessun boia in quella stanza, se non il carnefice che ciascuno dei tre è per l’altro...
2 commenti:
http://aforismi.meglio.it/poesia.htm?id=1b3f1
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