Nella
Seconda considerazione inattuale, F. Nietzsche individua nella storia
critica il giusto rapporto con il passato.
Diversamente
dalla “storia monumentale” -storia intesa come serbatoio di esempi, in realtà
non sempre riproducibili nel presente- ma anche dalla “storia antiquaria”
-nella quale spesso è contenuta l'idea che tutto il passato è degno di
feticistica venerazione-, la “storia critica” trae il passato dinanzi al tribunale
della vita e lo giudica: discerne ciò che per la salute e
la vita di un individuo, di un popolo, di una civiltà è opportuno ricordare e
ciò che, per lo stesso motivo, è bene dimenticare. Il rischio, tuttavia, è che
si perda di vista il limite e che, facendosi per così
dire prendere la mano, si finisca per estirpare anche quello che
del passato è ancora vivo oppure, al contrario, che arbitrariamente si
scelga/si preservi il passato che più piace e dal quale si desidererebbe
derivare.
Riscrivere la Storia per adattarla alle esigenze del presente; fare della storiografia una narrazione solo possibile, spesso pretestuosamente appellandosi alla scarsità/parzialità della documentazione disponibile, è operazione pericolosa perché offre un’insperata mano a sostegno dei negazionismi (Luciano Canfora, Storia, verità e narrazione da Il presente come storia)
Il negazionismo manipola la verità storica in modo che essa corrisponda a come la si vorrebbe, nega fatti che si desidererebbe non fossero mai stati, prova a rimuovere dalle coscienze, prima ancora che dalla memoria, eventi disturbanti nel tentativo di darsi un passato meno scomodo.
Sulla Shoah, un unicum di ferocia nella storia dell’umanità, si sono avvicendate le più assurde farneticazioni sin dagli anni immediatamente successivi alla guerra.
Nel 1948 il romanziere e saggista francese Maurice Bardèche, antisemita, collaborazionista e ultra-nazionalista, in Nuremberg ou la Terre Promise scrisse che i campi di concentramento e di sterminio erano un’invenzione della propaganda alleata per distrarre l’attenzione dai crimini commessi a Dresda, Hiroshima e Nagasaki; nello stesso anno negli Stati Uniti Francis Parker Yockey pubblicò Imperium (libro interamente dedicato a Hitler), in cui sostenne la tesi che la Shoah era una menzogna inventata dagli Ebrei nella loro guerra contro la civiltà occidentale; negli anni Settanta Robert Faurisson, professore all’Università di Lione, affermò che il Diario di Anna Frank era stato costruito a tavolino; mentre negli anni Ottanta, lo storico inglese David Irving -idolo dell’estrema destra neonazista- fece il suo ingresso nel fantasioso mondo del negazionismo con il libro La guerra di Hitler.
Il -corposo- libro di Irving è il tentativo di scagionare
Hitler sollevandolo da qualunque
responsabilità: la Seconda guerra mondiale fu voluta dagli Alleati; la famigerata Operazione
Barbarossa -1941- fu necessaria guerra preventiva per scongiurare il
probabilissimo attacco sovietico alla Germania dopo il patto Molotov-Ribbentrop; il conflitto tra Germania e USA
fu responsabilità di Roosevelt che violò in più occasioni la tanto sbandierata
neutralità, tant’è che nel settembre 1941 ingiunse alla marina di sparare a
vista contro qualsiasi nave da guerra appartenente alle potenze
dell’Asse. Inutilmente l’ammiraglio Raeder implorò il Fuhrer di
permettere alle navi tedesche, nell’eventualità, di rispondere al fuoco, ma
Hitler, non vedendone alcun beneficio politico o militare, non si lasciò
convincere (David Irving,
Un misero raccolto, da La guerra di Hitler vol. 2).
Il Fuhrer di Irving è ben lontano dal folle/sanguinario dittatore della Storia, è anzi uomo disponibile, quasi mansueto in alcune circostanze, ragionevole al punto da scegliere la via della pacatezza anche a fronte di gravi provocazioni.
Quando a seguito dell’attacco giapponese a Pearl Harbour -7 dicembre 1941- la guerra con gli USA si rese inevitabile, Hitler -quello di Irving- ne fu molto amareggiato e trascorse notti insonni…
In un discorso ai gerarchi, tenuto il 12 dicembre, Hitler ammise di aver trascorso notti insonni ad interrogarsi sull’opportunità di muovere guerra all’America. (David Irving, Prova di resistenza, da La guerra di Hitler vol. 2).
Quanto alle politiche di sterminio contro gli Ebrei,
Hitler non ne sapeva nulla -sostiene Irving- perché gli ideatori della mattanza furono i suoi
collaboratori, che volutamente lo tennero all’oscuro su quanto andavano
organizzando.
Non esiste alcuna prova documentata che Hitler fosse al corrente di cosa stesse accadendo agli ebrei…Gli appunti scritti a mano da Himmler sulla rubrica telefonica accennavano ad una conversazione avvenuta tra lui ed Heydrich il 17 novembre 1941, a proposito della necessità di liberarsi degli ebrei…
È possibile dedurre chi fossero gli istigatori di tutto ciò, poiché il 1 Maggio 1942, Greiser ricordò, in una lettera destinata a Himmler, che il programma di trattamento speciale di 100.000 ebrei del suo distretto era stato autorizzato dallo stesso Himmler con l’approvazione di Heydrich. Hitler neppure veniva menzionato.
(David Irving, Un
misero raccolto, da La guerra di Hitler vol. 2).
Anche sull’ Aktion T4, il programma di eutanasia che prevedeva la soppressione delle persone affette da malattie genetiche e dei malati psichiatrici, Irving racconta un’altra verità e afferma che benché il 24 agosto 1941 Hitler ne avesse ordinato la sospensione immediata in quanto preoccupato/dispiaciuto dalla reazione dei cattolici, l’ordine venne ignorato e l’attuazione del programma proseguì senza sosta su iniziativa di Philipp Bouhler e di Goebbles.
Arrestato in Austria nel 2005 per apologia del Nazismo, per aver negato la Shoah, per aver affermato che le camere a gas erano dei falsi architettati ad arte dagli Ebrei, per aver detto che Auschwitz non era che "un'attrazione turistica" (vero capolavoro di negazionismo) Irving scontò tre anni di carcere.
Rientrato a far parte del consesso civile, unì per
così dire l’utile al dilettevole ritagliandosi su misura il mestiere di
guida turistica presso i più noti campi di sterminio nazisti.
Che dire...
Quando non è possibile negare la verità -perché è lì, pesante come un macigno- se ne raccontano fantasiose versioni alternative.
Intervistata in diretta su X da Elon Musk il 9 Gennaio 2025, Alice Weidel, leader del partito dell’estrema destra tedesca Alternative für Deutschland, dice la sua sulla libertà d’espressione e en passant cita Adolf Hitler. La Weidel supera se stessa (e l’umana immaginazione) affermando che Hitler -che con la libertà d’espressione certamente aveva qualche problema- non era un conservatore di destra come erroneamente si è creduto, ma un comunista. Se la signora avesse detto che Cristo era un Marziano inviato dai suoi in avanscoperta sulla Terra, l’avrebbe sparata meno grossa. Chiunque abbia frequentato la scuola dell’obbligo o abbia anche solo sentito nominare il Mein Kampf, sa che nella lista dei nemici da sterminare (omosessuali, slavi, portatori di handicap), Hitler riservò ai comunisti una posizione di tutto rispetto.
Insomma, la bufala è di per sé enorme, tuttavia l’aspetto interessante dell’intervista è il funambolico ribaltamento di prospettiva: nel tentativo di rendere presentabile il partito di estrema destra che rappresenta, la signora Weidel lo libera da ogni legame di continuità con Hitler affibbiandolo di fatto alla parte opposta, dunque ai comunisti.
Quanto ai fatti di casa nostra, ve ne sono tanti la cui verità inconfutabile
è indigesta a molti.
Così, c’è chi continua a
sostenere che in fondo Mussolini ha fatto anche cose buone; che «Via
Rasella è stata una pagina tutt’altro che nobile della resistenza, perché
quelli uccisi furono una banda musicale di semi-pensionati e non nazisti delle
SS» (Ignazio La
Russa a Terraverso, podcast di Libero); che la strage di Bologna (2 Agosto 1980) è stata
presumibilmente opera del Fronte per la liberazione della Palestina (Federico
Mollicone, esponente di Fratelli d’Italia al Corriere della Sera, 2
Agosto 2023)
e nulla
c’entrarono i tre neofascisti Fioravanti, Mambro e Ciavardini condannati in
via definitiva nel 1995.
Dall’altra c’è chi per 60
anni ha colpevolmente ignorato l’atrocità delle Foibe, l’eccidio di
migliaia di italiani della Venezia Giulia, dell’Istria e della Dalmazia
perpetrato dall’esercito del maresciallo Tito dal settembre del 1943 fino alla primavera del 1945: a
dimostrazione che la tentazione di fabbricarsi il passato dei propri desideri è
forte ed è trasversale…